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Crisi di Governo 2022

L’obiettivo di Renzi è sempre stato Conte, cosa vi aspettavate di diverso?

Renzi ha finalmente scoperto le carte, facendo saltare il tavolo con gli ex colleghi di maggioranza. Non vi stupite, ha sempre avuto un obiettivo chiaro e mai realmente celato: far cadere Giuseppe Conte, al fine di rivedere l’intera piattaforma politico – ideologica del governo, come gli chiedono da tempo i suoi referenti negli ambienti produttivi e diplomatici.
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Il fallimento dell’esplorazione di Roberto Fico è anche la certificazione del fatto che la maggioranza non esiste più, che il Conte III è definitivamente tramontato e che ora si naviga davvero al buio, perché la solidità del governo istituzionale è tutt'altro che certa. È probabilmente l’ultimo atto di una crisi vissuta dall’opinione pubblica prima con stupore, poi quasi con disinteresse, soprattutto nei confronti di giochi di potere percepiti come aventi un’incidenza pressoché nulla sulla vita quotidiana. Una gigantesca bolla, fatta di trattative private e incontri pubblici, di mezze dichiarazioni e retroscena smentiti alla velocità della luce, di vergognosi mercati delle cariche e degli incarichi, mentre la realtà era da tutt’altra parte e lo scollamento tra politica e cittadini mai così evidente.

Nell’aprire la crisi più inopportuna della storia, Matteo Renzi aveva insistito molto sulla figura del Paese fermo, che aveva un disperato bisogno di mettersi in moto per non sprecare un’opportunità storica, quella del NextGenEU, e per tutelare al meglio la salute collettiva, preparandosi alla terza ondata e gestendo al meglio la campagna vaccinale. Dopo settimane di crisi, siamo letteralmente nel pantano, senza avere non dico una prospettiva di medio o lungo termine, ma nemmeno la minima idea di ciò che accadrà nelle prossime settimane. Le responsabilità del precipitare degli eventi sono condivise, non c’è dubbio: troppo arrogante e sprezzante delle prassi politiche la gestione di Conte, troppo debole il Movimento 5 Stelle per affrontare una fase del genere con coerenza, troppo timida e inadeguata la strategia del Partito Democratico. Ma le ragioni della rottura sono più profonde, direi quasi costitutive di quell’accrocchio senza visione che è sempre stato il governo Conte II, nato esclusivamente per tenere lontano Salvini da Palazzo Chigi e ibernato dalla tragedia della pandemia. La fine dell’alleanza era inevitabile, solo una questione di tempo. Solo da questa prospettiva è possibile leggere quanto accaduto nelle ultime settimane.

Prima della crisi, Italia Viva aveva chiesto modifiche sostanziose al Recovery Plan, l'assegnazione della delega ai servizi segreti e la nomina dei commissari per le grandi opere. Dopo le dimissioni delle ministre, Italia Viva aveva sostanzialmente chiesto le dimissioni di Conte, illudendo tutti con la prospettiva di un reincarico lampo, che potesse portare alla revisione della piattaforma programmatica e politica, oltre che a un robusto rimpasto della squadra di governo. Durante le consultazioni di Sergio Mattarella, Italia Viva aveva chiesto di assegnare l'incarico esplorativo a Roberto Fico, in modo da sedersi nuovamente al tavolo con Pd, LeU e M5s per ragionare del programma.

In linea teorica, tutte le richieste di Renzi hanno trovato accoglimento o quantomeno una disponibilità di massima, con la sola eccezione dell’intoccabilità di alcune figure considerate chiave dai grillini e del no all’utilizzo del MES. I 5 Stelle si erano spinti a un passo dalla riabilitazione della figura politica dell'ex Presidente del Consiglio, evitando finanche di cavalcare lo scandalo del suo viaggio in Arabia Saudita e giungendo a un passo dall'accettare la presenza nell'esecutivo della (da loro) tanto detestata e indagata Maria Elena Boschi. Se non un trionfo su tutta la linea, quasi.

Si fosse trattato di un politico affidabile e concreto, non ci sarebbero stati dubbi sull'epilogo della crisi politica: reincarico a Conte, Conte III e maggioranza allargata ai responsabili e agli europeisti, con posti di rilievo per Italia Viva e qualche aggiustamento ragionevole nella squadra di governo. Si fosse trattato solo di un politico affidabile e meno ambizioso, avremmo assistito a un compromesso sul MES, sulla giustizia e sulla piattaforma programmatica in generale, accompagnato da una riflessione sulla gestione della pandemia che non comportasse la rimozione di un supercommissario in pieno piano vaccinale.

Ma Renzi non è un politico affidabile, bensì cinico e avventato. Con un obiettivo chiaro e mai realmente celato: far cadere Giuseppe Conte, al fine di rivedere l’intera piattaforma politico – ideologica del governo, come gli chiedono da tempo i suoi referenti negli ambienti produttivi e diplomatici. Un obiettivo perseguito fin dall'inizio, alzando il livello dello scontro ben oltre il tollerabile (ma quale capo di governo accetterebbe l'accusa di rappresentare un problema per la democrazia del proprio Paese da un suo alleato di governo?) e calibrando ogni mossa per portare Conte e i 5 Stelle in un vicolo cieco (sulla marginalità del PD in questa fase non è il caso di infierire).

È stata una speculazione cinica, ma che partiva da profonde ragioni di carattere personale e soprattutto politico – ideologico, che affondavano nelle diverse visioni di Paese dei due contendenti e dei loro referenti. In questo approfondimento vi abbiamo mostrato le differenze tra Conte e Renzi in materia di politica economica, fiscale e del lavoro: un vero abisso, soprattutto perché la crisi pandemica richiede risposte sistemiche e radicali, peraltro potenzialmente ben finanziate dai fondi del NextGenUE. Legittimamente, poi, Renzi rappresenta un mondo che è radicalmente distante da quello che si riconosce nell'asse PD-M5s a guida Conte: su giustizia, welfare e ambiente le distanze sono sempre state enormi, non componibili. Ne avevamo scritto qui: “c’è un Paese da ricostruire e il leader di IV non ha intenzione di lasciarlo fare a questo governo con questa piattaforma e questa guida politica”. Non c’era alcuna possibilità che un tavolo senza leader e con pochissimo tempo a disposizione riuscisse a colmare queste distanze. Quella del gruppo di lavoro per il cronoprogramma, peraltro, è stata l’ultima pantomima, anche perché parallelamente i big trattavano nome su nome, poltrona su poltrona.

La narrazione renziana sostiene che il M5s ha deciso di far saltare l'accordo per difendere i certamente non esenti da colpe e mancanze Bonafede, Arcuri e Azzolina, oltre che per l’ostinazione sul no al MES e alle grandi opere. Quella grillina è che Renzi volesse solo le poltrone e abbia aperto una crisi irresponsabile ponendo veti anche sui nomi dei ministri espressione di altre componenti politiche. Il PD non pervenuto, ma certamente pronto a sostenere il governo di responsabilità nazionale garantito dal Presidente della Repubblica.

La realtà è che Conte è bruciato e il Capo dello Stato non ha intenzione di mandare il Paese alle urne (e saranno contenti tutti i parlamentari, c'è da giurarci). La realtà è che a gestire Recovery Plan e campagna vaccinale saranno cordate diverse da quelle che lo hanno fatto finora, col volto di personalità di alto profilo (e speriamo bene). La realtà è che Renzi ha fatto saltare un governo che aveva tirato fuori dal cilindro solo un anno e mezzo fa, preferendo che a gestire campagna vaccinale, crisi economica e soldi del NextGenUE siano i tecnici. Buona fortuna a tutti noi.

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A Fanpage.it fin dagli inizi, sono condirettore e caporedattore dell'area politica. Attualmente nella redazione napoletana del giornale. Racconto storie, discuto di cose noiose e scrivo di politica e comunicazione. Senza pregiudizi.
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