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La Democrazia necessita della trasparenza – il caso Vos Triton

Il senatore Gregorio De Falco racconta per Fanpage.it la sua battaglia giuridica e legale per avere chiarezza sul caso delle 170 persone raccolte nel Mediterraneo nel giugno 2021 dalla nave Vos Triton e consegnate alla cosiddetta guardia costiera libica, per essere riportate nel Paese nordafricano.
A cura di Marco Billeci
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di Gregorio de Falco – senatore gruppo Misto

Il TAR Lazio, con sentenza 03212/2022 del 21 marzo 2022 ha accolto in gran parte il ricorso presentato da Emilio Drudi – coordinatore del "Comitato Verità e Giustizia per i nuovi Desaparecidos" – e dal sottoscritto, contro il rifiuto opposto dal ministero Infrastrutture e Mobilità Sostenibile, alla domanda di accesso civico generalizzato, presentata il 28 giugno del 2021 verso il Corpo delle Capitanerie di Porto ed il Centro Nazionale di Coordinamento del Soccorso in Mare. Con l'istanza di accesso chiedevamo se il 14 giugno 2021 fosse arrivata una richiesta di soccorso, da parte di circa 170 persone a bordo di un’imbarcazione di legno sovraffollata che si trovava in acque internazionali vicino alla zona SAR maltese, e quali azioni fossero state adottate.

Precisamente domandavamo:

– se fosse stato assunto il coordinamento dei soccorsi e se fossero stati inviati sul posto mezzi navali italiani per le operazioni di salvataggio o se fossero state allertate e/o mobilitate navi in transito nella zona;

– se da parte di Mrcc Italia fosse stata interessata un’altra centrale di soccorso;

– nel caso fosse stata interessata o comunque fosse già stata mobilitata un’altra centrale di soccorso, se ci si sia accertati che l’operazione di salvataggio fosse effettivamente condotta e nel modo più rapido ed efficace possibile, nel rispetto del diritto internazionale ed in particolare della Convenzione di Ginevra;

– nel caso si fosse ritenuto che le operazioni di soccorso spettassero alla Libia, se si sia tenuto conto che quel Paese non può in alcun modo essere ritenuto un "luogo sicuro";

– se fossero stati presi contatti con la nave Vos Triton e se l’operato di questa nave sia stato coordinato (in tutto o anche solo in parte) da Mrcc Italia;

– nel caso che il coordinamento della Vos Triton non fosse stato assunto da IMrcc, se risulta quale sia stata la centrale operativa, anche in questo caso tenendo conto del fatto che riportare i naufraghi in Libia contro la loro volontà equivale a un respingimento di massa operato in contrasto con il diritto internazionale".

A queste domande il ministero aveva opposto un diniego, ritenendo sussistere in relazione all'evento SAR un limite relativo alla salvaguardia delle relazioni internazionali. In particolare, il ministero affermava che " l’eventuale accesso alle comunicazioni/documentazioni relative agli eventi SAR di cui trattasi, comporterebbe un pregiudizio concreto ai rapporti che intercorrono tra Stati ed alle relazioni tra soggetti internazionali, in particolare con il Governo libico (…). ". Inoltre, si sindacava il fatto che, secondo l'amministrazione la richiesta non evidenziava la "… tutela di un interesse esclusivo e generale della collettività", ma era riconducibile ad interessi privatistici/associativi degli istanti.

L'articolo 2 del decreto legislativo 33/2013 stabilisce che "chiunque può accedere a dati e a documenti delle PP.AA., nel rispetto dei limiti relativi alla tutela di interessi pubblici e privati giuridicamente rilevanti". Il secondo periodo del medesimo articolo 2 estende l'oggetto dell'accesso anche ad "informazioni e dati concernenti l'organizzazione e l'attività delle PP.AA., sia per quel che riguarda la pubblicazione dei dati sia delle informazioni", termini che il TAR considera sinonimi.

L'articolo 5-bis del decreto legislativo 33/2013 riguarda "Esclusioni e limiti all'accesso civico" e definisce in maniera puntuale e non esemplificativa le esclusioni. L'accesso civico è rifiutato se il diniego è necessario per evitare un pregiudizio concreto alla tutela di uno degli interessi pubblici inerenti a:

a) la sicurezza pubblica e l'ordine pubblico;

b) la sicurezza nazionale;

c) la difesa e le questioni militari;

d) le relazioni internazionali;

e) la politica e la stabilità finanziaria ed economica dello Stato;

f) la conduzione di indagini sui reati e il loro perseguimento;

g) il regolare svolgimento di attività ispettivo

Il Tar ha ricordato che qualunque rifiuto, differimento o limitazione dell'accesso deve essere motivato in concreto dall'amministrazione ed il rifiuto presuppone che il pregiudizio agli interessi specificati dalla norma sia concreto, non è sufficiente un rischio generico ed astratto. L'Amministrazione, quindi, avrebbe dovuto indicare quali interessi sarebbero stati pregiudicati, valutando se questi pregiudizi siano conseguenza dell'ostensione dell'informazione richiesta.

Per quel che riguarda la mancata motivazione da parte degli istanti della richiesta d'accesso, il Tar ha ritenuto che essa non fosse in alcun modo dovuta. In parte il tribunale ha ritenuto fondata l'obiezione del ministero relativamente alla tutela degli interessi pubblici, ma ha aggiunto che non vi era per l'amministrazione la sola opzione del rifiuto totale, dato che esiste il cosiddetto "accesso parziale", ed anche la possibilità di rendere pubblici i documenti omettendo/oscurando taluni dati.

Questo quanto il Tribunale ha ordinato di fare, ribadendo l'obbligo per l'amministrazione di motivare in modo completo il diniego opposto. Secondo il Collegio, il Ministero deve fornire agli istanti quanto chiesto nei punti 1, 2, 5 della domanda di accesso agli atti, mentre si deve sapere se fosse stata avviata l'operazione di soccorso,. Infine, circa i dati e le informazioni messe a disposizione dei richiedenti, l'amministrazione può oscurare le parti che tocchino attività militari eventualmente poste in essere, entro 40 giorni.

In definitiva, la pronuncia del TAR riafferma con nettezza che non vi possono essere zone d'ombra o silenzi ingiustificati nell'azione della Pubblica Amministrazione e che i cittadini hanno il diritto di giudicare sia l'azione amministrativa che quella politica. Si tratta di una decisione importante che va al di là del, pur rilevante merito del caso in discussione.

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