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Opinioni

Il massacro dei migranti a Melilla è qualcosa che non ha precedenti: Europa indegna

Le parole del piccolo Matteo Salvini di fronte al massacro dei migranti a Melilla è qualcosa senza precedenti: ma la responsabilità è dell’intera Europa.
A cura di Saverio Tommasi
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Melilla
Melilla

"Guardate le immagini dell'invasione verso l'Europa", twitta l'ex ministro degli Interni Matteo Salvini di fronte a 27 morti a terra.

L'uomo dell'Improvvidenza, l'estimatore dei cocktail del Papeete, non ha pietà: le immagini di coloro che tentano di superare la barriera che separa il Marocco dall'enclave spagnola di Melilla, per lui sono "gente per cui in Europa non c'è posto".

Sia chiaro: Matteo Salvini non è l'unico che sguazza nel sangue dei vinti. E' l'intera Europa che nega, silenzia e se ne frega. E' in primis colpa della Spagna che si è accordata con la polizia marocchina e che sulle cifre dei morti dice "sentite loro", come se quei morti fossero qualcosa che non li riguardasse. Come se non fossero morti nel tentativo di raggiungere proprio la Spagna; come se gli accordi per usare qualsiasi mezzo per fermarli non li avesse fatti proprio la penisola iberica con la polizia del Marocco.

Mani e gambe rotte ovunque, le ONG che chiedono un'inchiesta accurata, veloce e superpartes e nel frattempo implorano "di non seppellire i morti", per avere la possibilità di farli visionare a un personale medico adeguato e capire come sono morti, tanto per iniziare. Perché seppellire velocemente i morti è spesso la pratica di chi vuole nascondere le prove. Perché con tutta la buona volontà del mondo – in effetti – è complicato credere alla versione degli stessi che nei video si vedono prendere a manganellate persone inermi, distese fra altre già morte.
Matteo Salvini ha la colpa – o forse il pregio – di dirlo più chiaramente di altri: lui gli immigrati non li vuole perché è evidente che gli fanno politicamente schifo e dunque per loro "non c'è posto", neanche parlasse di una scopa in un ripostiglio troppo affollato.

I morti a Melilla
I morti a Melilla

Matteo Salvini non ha nessuna statistica, nessun numero o idea di cosa sia un flusso migratorio, di cosa sia la fame, di cosa voglia dire scappare dal proprio Paese in fiamme, di cosa significhi lasciare in quel Paese invivibile chi ti vuole bene. Semplicemente il fu camicia verde vede la foto di 27 morti a terra e pensa che in Europa – neanche nella sola Italia, proprio in tutta l'Europa! – per loro non ci sarebbe stato posto. E così – sincero come un bambino che non vorrei mai incontrare – pensa di twittarlo convinto in questo modo di accrescere il suo consenso politico, almeno fra gli italiani con i denti digrignati.

Però ripeto: Matteo Salvini è pericoloso, ma io preferisco il pericolo quando posso vederlo in volto, quando posso attribuirgli un nome, perciò in questo caso mi spaventa meno lui dei subdoli sotto il banco. Qualche volta meglio scrutarlo in faccia l'orrore, meglio lui di certi silenzi, o di certe solidarietà complici date alla Spagna come se la Spagna fosse sotto attacco, invece che la prima responsabile di quella enclave in Marocco e di quei morti. Come se sotto attacco non fossero invece i Paesi più poveri a cui noi sottraiamo risorse, terreni, acqua, e i cui figli abbiamo ridotto in miseria, e poi respingiamo quando domandano a "mamma Europa" il diritto alla sopravvivenza.
E' indegna l'Europa dei respingimenti, non era questo il sogno dell'Europa maturato a Ventotene. Non aveva niente a che vedere quell'idea di Europa con l'ammazzare quelli che indietro non vogliono tornare – quelli su cui il respingimento è fallito – quelli che con un paio di cesoie, nell'enclave spagnola di Melilla in Marocco, tagliano la recinzione di filo spinato che li separa da una speranza, almeno quella.

Responsabile di questo massacro – il più grande della Storia, in quell'enclave – è tutta l'Europa, con le sue regole sempre a tutela dei più forti. Responsabile è il nostro continente, che trova unità soltanto nella repressione e nel garantire chi tiene il tonfa della Storia (il tonfa è un tipo particolare di manganello, spesso usato per i colpi più brutali) dalla parte dell'impugnatura.

Io sono felice – e mi batto – per l'accoglienza dei profughi ucraini, ma non vedere la differenza che l'Europa riserva verso i non caucasici, è impossibile.
Se lo chiamiamo razzismo qualcuno si alza sulla sedia, s'indigna, chiede "come ci permettiamo". Ebbene: alzatevi dalle vostre poltrone, perché questo è razzismo istituzionalizzato. Non c'è nessuno oggi in Spagna, o in Italia, o in Europa, che segreghi formalmente in base al colore della pelle. Ma la segregazione è nei fatti quella verso i poveri che urlano alle porte dell'Europa, e che poi – guarda tu a volte il caso – hanno quasi sempre la faccia marrone.

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Sono giornalista e video reporter. Realizzo reportage e documentari in forma breve, in Italia e all'estero. Scrivo libri, quando capita. Il più recente è "Siate ribelli. Praticate gentilezza". Ho sposato Fanpage.it, ed è un matrimonio felice. Racconto storie di umanità varia, mi piace incrociare le fragilità umane, senza pietismo e ribaltando il tavolo degli stereotipi. Per farlo uso le parole e le immagini. Mi nutro di video e respiro. Tutti i miei video li trovate sul canale Youmedia personale.
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