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È morto Dick Cheney, l’ex vicepresidente USA con Bush jr e oppositore di Trump aveva 84 anni

Dick Cheney è morto: l’ex vicepresidente degli Stati Uniti durante la presidenza di George W. Bush aveva 84 anni. La morte è stata causata da complicazioni di malattie cardiache e polmonite. Fu estremamente influente nelle decisioni sulle invasioni di Iraq e e Afghanistan e la “guerra al terrore” dopo l’attacco dell’11 settembre 2001 alle Torri gemelle. Negli ultimi anni aveva criticato Donald Trump, definendolo un “codardo”.
A cura di Luca Pons
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Dick Cheney nel 2011
Dick Cheney nel 2011

Dick Cheney, ex vicepresidente degli Stati Uniti, una delle figure più influenti durante la presidenza di George W. Bush, è morto oggi all'età di 84 anni. Repubblicano conservatore, durante i suoi due mandati, dal 2001 al 2009, fu un vicepresidente estremamente attivo e tra i principali artefici della "guerra contro il terrore" lanciata dagli Stati Uniti dopo l'attentato alle Torri gemelle, a partire dall'intervento militare in Iraq con motivazioni che poi si rivelarono infondate.

In un comunicato, la famiglia di Cheney ha fatto sapere che l'ex vicepresidente è morto ieri notte, alla presenza della moglie e delle figlie. A causare il decesso sono state le complicazioni dovute a una polmonite e ad anni di problemi al cardiovascolari.

I problemi di salute di Cheney iniziarono già nel 1978, con un infarto a soli 37 anni. Ne avrebbe avuti altri tre da lì al 2000, l’anno in cui venne eletto vicepresidente nella contestata elezione di Bush contro Al Gore, decisa per pochi voti dopo un riconteggio in Florida. Nel 2010 era arrivato un quinto attacco di cuore, e nel 2012 l’ormai ex vicepresidente aveva ricevuto un trapianto di cuore.

A segnare di più la sua carriera e la sua immagine politica sono stati gli attacchi alle Torri gemelle dell'11 settembre 2001, e soprattutto la successiva risposta degli Stati Uniti: quella "guerra contro il terrore" ("war on terror") di cui Cheney è stato uno dei principali artefici e promotori.

Tra le più eclatanti mossa degli Usa fu l'invasione dell'Iraq nel 2003. Il vicepresidente fu tra coloro che spinsero per l'attacco, affermando in più sedi che l'Iraq possedesse armi di distruzione di massa – cosa che poi si rivelò falsa. La campagna militare irachena durò per oltre otto anni senza dare risultati tangibili e causando decine di migliaia di vittime. Ma Cheney non se ne pentì mai: anche dopo aver lasciato l'incarico di vicepresidente affermò sempre che era stata la cosa necessaria e giusta da fare.

Come è noto, l'invasione dell'Iraq è stata solo una delle iniziative militari degli Stati Uniti in quegli anni. Fu preceduta dalla guerra in Afghanistan, iniziata meno di un mese dopo l'11 settembre e terminata solo nel 2021, anche un questo caso con un numero altissimo di morti e nessun vero successo sul piano politico o militare.

Cheney – in una certa misura anche più di Bush – divenne il volto della campagna "contro il terrore", che giustificò abusi come la tortura dei prigionieri. Il termine ‘waterboarding‘ si diffuse negli anni del suo mandato, per indicare quella che i militari statunitensi definivano un metodo di "interrogatorio avanzato": portare la persona interrogata vicino all'annegamento, impedendole di respirare versandole acqua in faccia. Anche su questo punto, il vicepresidente disse sempre di non avere nessun ripensamento, così come sulle detenzioni senza processo a Guantanamo Bay.

Negli ultimi anni, Cheney era rimasto un conservatore ma si era opposto a Donald Trump. Lo aveva definito un "codardo" in uno spot elettorale diffuso nel 2022, dicendo: "Nei 248 anni di storia della nostra nazione, non c'è mai stato un individuo che abbia rappresentato una minaccia maggiore per la nostra repubblica". E nella sua ultima elezione, quella del 2024, aveva votato per la democratica Kamala Harris. Un segnale non tanto di un cambiamento di convinzioni personali, ma di uno slittamento sempre più pronunciato dei Repubblicani verso l'estrema destra.

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