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Dibattito primarie del centrosinistra: Bersani vince ai punti, ma la partita è aperta

Il confronto per il ballottaggio, moderato da Monica Maggioni, è stato sostanzialmente equilibrato. Il segretario è sembrato prevalere su alcune questioni per concretezza, rispetto ad un Renzi da vetrina.
A cura di Andrea Parrella
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RAI - Confronto Bersani - Renzi

Il confronto tra Bersani e Renzi per le primarie del centrosinistra non ci ha detto molto di nuovo. C'erano toni leggermente più agguerriti, ma nessuno affermazione fuori posto, che non avessimo già sentito. Un colpo di defibrillatore, di tanto in tanto, se l'è dato sul petto il segretario. Ci sono stati punti interessanti di argomentazione sul tema della politica estera, per quanto riguarda la questione mediorientale, essendosi presentata lì la prima divergenza. Bersani ha ristabilito con forza la centralità della questione israelo-palestinese, dell'importanza che la Palestina venga riconosciuta come stato osservatore dall' ONU. Renzi, pur riconoscendone  assolutamente l'importanza, ha voluto focalizzare l'attenzione sulla questione iraniana, che ritiene punto focale.

I due si punzecchiano anche sull'accordo con la Svizzera, elemento sul quale Renzi e Bersani sono sempre stati sostanzialmente discordanti. Il primo premette di non cercare condoni, ma ritiene indispensabile l'accordo per perseguitare quelli che vengono definiti i pesci grossi. Bersani continua a non starci, sottolineando che per le regole proposte in questo momento, su tutto la questione dell'anonimato, l'accordo con la Svizzera continua ad essere un nome diverso da dare ad un sostanziale condono. Interessanti anche i punti sull'istruzione e, soprattutto, sulla questione fiscale, nella quale finalmente Bersani ha sottolineato l'esigenza di diminuire progressivamente l'uso del contante e rendere più consistenti le possibilità di tracciare gli spostamenti di denaro. Entrambi i candidati hanno totalmente scordato di citare il problema Rai e le ingerenze che la politica applica. Anche sulla questione meridionale si è percepita una certa difficoltà ad andare oltre prevedibili proclami.

Le posizione sono state dal principio del dibattito lo specchio della campagna elettorale, senza se e senza ma. Renzi non ha mai perso l'occasione di ribadire il presupposto ancestrale della sua campagna, ovvero prendere come punto di partenza gli errori che la sinistra da rottamare ha commesso. Non c'è stato un punto affrontato, nelle due ore circa di discussione, per il quale l'incipit del sindaco di Firenze non sia stato il presupposto di sbagli fatti in passato. Non ha torto in talune circostanze, ma il motivo per cui Bersani vince ai punti è l'impressione che tra i due, paradossalmente, chi guardi indietro sia il più giovane. La sintesi di questa campagna è la scelta degli schieramenti e delle alleanze. Dove Renzi circoscrive il campo alla stretta coalizione di centrosinistra, Bersani non esclude di avere mente aperta, che tradotto è l'alleanza con Casini.

Bersani è, forse, l'interprete migliore di una prossima stagione della politica italiana che sarà di contenimento, non certo di rottura, se non altro perché la rottura non pare concretamente possibile con la tanto vituperata legge elettorale in vigore. Che sia la prospettiva più rassicurante, non è chiaramente possibile da valutare. Infine, in merito al metodo adottato per il dibattito, è giusto sottolineare quanto per un'argomentazione politica di un minimo respiro, due minuti non saranno mai sufficienti per una risposta che non sia uno slogan.

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