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Crisi di Governo 2022

Conte non sarà nel governo, all’assemblea del M5s sponsorizza Draghi: “Altre soluzioni non ci sono”

Il presidente del Consiglio uscente Giuseppe Conte chiarisce che non intende entrare nel nuovo esecutivo Draghi: “Non voglio andare al governo. Voglio che siate voi” a farlo. Rivolgendosi ai parlamentari 5S più scettici dice: “Noi al tavolo dobbiamo rimanere perché dobbiamo dare una prospettiva al Paese e altre soluzioni diverse ora non ci sono”.
A cura di Annalisa Cangemi
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All'assemblea congiunta dei parlamentari del M5s il presidente del Consiglio dimissionario Giuseppe Conte ribadisce che non farà parte del nuovo esecutivo guidato da Mario Draghi: "Non voglio andare al governo. Voglio che siate voi" a farlo. Queste sarebbero state le parole pronunciate ieri dal premier uscente, secondo quanto riferito da più fonti. "Non è il momento dell'auto-isolamento, non possiamo trascurare il bene del Paese", dice partecipando all'assemblea da remoto, indicando la via ai pentastellati, che non vorrebbero però trovarsi a governare insieme alla Lega o a Forza Italia. Il senso dell'intervento di Conte è che il momento storico richiede uno sforzo in più, non è possibile in questa fase critica voltare le spalle agli italiani. Ai parlamentari grillini Conte spiega che bisogna "rimanere al tavolo perché dobbiamo dare una prospettiva al Paese e altre soluzioni non ci sono".

Il premier dimissionario aveva già annunciato ai pentastellati la sua volontà di mettersi a disposizione del Moviomento. Non sono chiari ancora le forme e i modi del suo impegno, interpellato dai giornalisti sabato Conte si è limitato a dire "Lo vedrete". È sempre più chiaro che molti lo vorrebbero come nuovo leader, al posto del reggente Crimi. Se non come capo politico certo Conte sarà nella partita: "Io ci sarò nelle forme e nei modi che riterrete giusti. Farò in modo di seguivi passo passo per accompagnarvi perché mi avete dato tanto". Per il momento l'avvocato si limita a un endorsement a Draghi: "Il presidente incaricato è persona di spessore: io l'ho incontrato in diversi vertici e l'ho apprezzato. È stato lui che ha posto le basi per superare le politiche di austerità: è un interlocutore da prendere in seria considerazione. Certo, alcuni di voi potevano pensare che l'incarico potesse andare ad un altro: ma ora dobbiamo fare i conti con la realtà di questa fase storica".

"Noi abbiamo una grande responsabilità verso il Paese, ma non dimentichiamo chi collabora lealmente e chi lo fa in modo irresponsabile: sappiamo chi ci ha voltato le spalle e ora cerca di entrare per lucrare qualche vantaggio". Per questo, dice Conte, "si cercherà di porre condizioni tali che alcuni soggetti non potranno più rimanere al tavolo. Ma noi, invece, al tavolo dobbiamo rimanere perché dobbiamo dare una prospettiva al Paese e altre soluzioni diverse ora non ci sono".

"Abbiamo una missione, siamo l'ago della bilancia, siamo il partito di maggioranza relativa che deve far sentire il suo peso. Questo è il punto di partenza. Vito con i capigruppo sta conducendo un confronto molto serrato". Il problema ancora una volta è Matteo Salvini, soprattutto per quanto riguarda l'utilizzo delle risorse del Recovery fund.

Ma tra i penstastellati, nonostante il discorso di Conte e la partecipazione di Beppe Grillo alle consultazioni nella delegazione dei Cinque Stelle, che ha voluto sponsorizzare in prima persona l'ingresso dei suoi nella nuova maggioranza, in molti restano scettici. E si contano ancora una trentina di indecisi. Dieci sarebbero invece i voti contrari, tra cui quello di Alessandro Di Battista, che non si smuove dal ‘no'. Alcuni irriducibili però sembrano aver già smussato le loro posizioni. Barbara Lezzi per esempio ora invoca un esecutivo a tempo, mentre Paola Taverna, che fino a pochi giorni fa ripeteva che per il Movimento c'è solo Conte ora scrive: "Eccoci qui, a tarda sera, all’ennesima riunione per condividere le scelte per il futuro del Paese. È passato per un saluto il Presidente Conte. Averlo al nostro fianco anche in questo momento ci rende più forti e uniti che mai". Segno che qualcosa si è mosso.

Tra i più critici Matteo Mantero, secondo cui l'ostacolo non è solo "il condannato Berlusconi", ma anche il profilo politico del governo: "Quando ho deciso di prestarmi alla politica l’ho fatto perché esisteva un movimento nato per difenderci proprio da quei poteri che Draghi ha incarnato. Noi siamo nati contro il liberismo. Se non restiamo più noi a difendere quelle posizioni, la frustrazione di tante persone potrebbe prendere strade pericolose". La lista di chi non riesce a mandar giù Draghi è comunque lunga: ci sono Gianluca Ferrara, Alberto Airola, Matteo Crucioli, Nicola Morra. Quest'ultimo però chiede almeno di dare la parola ai militanti su piattaforma Rousseau.

L'ex ministro Danilo Toninelli, sulle prime durissimo con l'ex presidente della Bce, sembra aver cambiato definitivamente idea. Eppure pochissimi giorni fa, venerdì, scriveva: "Mi domando: ma un governo Draghi con i ministri Brunetta, Calenda, Boschi (e/o simili) e un tecnico all’Economia potrà attuare riforme essenziali come l’acqua pubblica, la banca pubblica, il conflitto di interessi, le preferenze, la riforma della Rai e della giustizia, la regolamentazione del lobbying e l’editoria pura? O anche solo parte di esse? Mi domando ancora: un governo siffatto completerà la cacciata dei Benetton dalle autostrade e impegnerà al meglio per tutti noi italiani i soldi del Recovery? Voi ci credete davvero?". In ogni caso i ‘no' sono in netta minoranza, e non rappresentano una vera minaccia per il nuovo esecutivo. È possibile ora che la base sia chiamata ad esprimersi, appunto con un voto su Rousseau, che legittimerebbe ulteriormente il Sì della maggior parte dei Movimento, mettendo ancora più all'angolo gli oppositori, che rischierebbero l'espulsione. Oppure potrebbero astenersi, costretti a scendere a compromessi. In ogni caso il rischio scissione non è da escludere.

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