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Cassazione dice no a vitalizi anticipati per ex deputati: inammissibile il ricorso di Alfano

La Cassazione ha stabilito che gli ex deputati che non hanno ancora compiuto i 60 anni d’età non potranno ricevere il vitalizio anticipato. La Suprema Corte ha dichiarato inammissibile il ricorso presentato da quattro ex parlamentari, tra cui anche l’ex ministro Angelino Alfano e l’attuale sottosegretario Andrea Martella.
A cura di Stefano Rizzuti
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Gli ex deputati che chiedono di poter ricevere il vitalizio in anticipo rispetto al compimento dei 60 anni d’età dovranno aspettare. La Cassazione ha stabilito che non c’è possibilità, per gli ex parlamentari, di ricevere il vitalizio anticipato. La Suprema Corte ha ritenuto inammissibile il ricorso presentato contro le decisioni prese dalla Camera dei deputati in regime di autodichia parlamentare, in particolare con riferimento al regolamento del 2012 secondo cui gli ex parlamentari possono ricevere la pensione a 60 anni e non prima. Le Sezioni unite civili si sono espresse sul ricorso presentato dall’ex ministro Angelino Alfano, dall’attuale sottosegretario Andrea Martella e dagli ex deputati Gioacchino Alfano e Andrea Rigoni. Si tratta di ex parlamentari la cui carica è cessata e il cui mandato parlamentare è durato dal 2001 al 2018, quindi quattro legislature, “o comunque con anzianità retributiva di più di 20 anni”.

Nella sentenza della Cassazione si spiega che gli ex deputati “hanno impugnato con ricorso straordinario la sentenza del Collegio d’appello della Camera dei deputati del 17 ottobre 2019 che, confermando la sentenza del Consiglio di giurisdizione del 27 giugno 2019, aveva rigettato la domanda volta a ottenere il vitalizio parlamentare immediatamente o in subordine al compimento dei 53 anni o in ulteriore subordine a 58 anni di età”. Secondo le Sezioni unite civili il ricorso è inammissibile perché “le censure sono state espressamente escluse dalla Corte costituzionale, in quanto le funzioni svolte dagli organi di autodichia nelle controversie di cui si tratta sono state configurate come obiettivamente giurisdizionali e quindi conformi alla Costituzione”.

Inoltre, “eventuali dubbi di legittimità costituzionale delle norme di legge cui i regolamenti parlamentari e le fonti di autonomia in genere fanno rinvio, possono essere evidenziati davanti agli organi dell’autodichia stessa (cosa che avrebbe potuto essere fatta anche nella specie)”. La Corte ha anche condannato i ricorrenti a pagare le spese di lite per 5.500 euro. Quindi viene confermata la bocciatura dopo quella in appello, poiché il rinvio del pagamento del vitalizio non è considerato incostituzionale, al contrario di quanto ritenuto dai ricorrenti.

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