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Cannabis, avanza la proposta di un referendum per la legalizzazione. Civati: “Legge di civiltà”

In Parlamento si smuove qualcosa con la calendarizzazione del testo base sulla coltivazione della cannabis per uso terapeutico. Ma l’appello, lanciato dal fondatore di Possibile, Civati, vuole andare oltre con la legalizzazione tout court. In poche ore, da Fratoianni a Perduca, sono arrivate varie adesioni di leader politici.
A cura di Stefano Iannaccone
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Un referendum sulla legalizzazione della cannabis, per stimolare il Parlamento sul tema e avere la possibilità di far pronunciare direttamente i cittadini. Una campagna da portare avanti sul modello di quanto fatto sull’eutanasia, proprio mentre in Parlamento si muove qualcosa: in commissione Giustizia, alla Camera, sta per approdare il testo sulla coltivazione a uso terapeutico. Un passo che comunque non significherebbe la legalizzazione tout court. “La novità principale riguarda la coltivazione ad uso personale di poche piante che sarà equiparata alla detenzione per uso personale”, ha spiegato il presidente della Commissione, Mario Perantoni del Movimento 5 Stelle. Per questo la battaglia sulla legalizzazione pare appena iniziata, dopo l’appello lanciato nei giorni da Giuseppe Civati, fondatore di Possibile ed editore di People.

La grande partecipazione e la straordinaria adesione alla raccolta di firme per l’eutanasia legale invitano a riflettere sulla possibilità di un referendum per la cannabis legale”, ha osservato Civati. “La politica – ha aggiunto – Civati – è ferma, si direbbe “piantata” se non fosse proprio il contrario, il dibattito langue rispetto alla legislatura precedente, la cittadinanza è invece ogni giorno più matura e consapevole rispetto alla questione”. Con tanto di auspicio al superamento delle “barriere ideologiche”. In poche ore ci sono state adesioni di vari leader politici, soprattutto a sinistra. In primis quella scontata di Beatrice Brignone, segretaria di Possibile. “Si tratta di una legge di civiltà, che incontra resistenze proibizioniste oggi davvero incomprensibili. Mentre la politica continua a dimostrarsi assente sui diritti civili, è necessario stimolare la partecipazione dei cittadini che sono molto più avanti di gran parte della classe dirigente”, afferma Brignone. Ci sono altri interlocutori che hanno risposto all’appello di Civati. Nicola Fratoianni ha subito dato la sua disponibilità alla raccolta firme per il referendum: “In un Paese in cui Renzi, Salvini e soci propongono pure un referendum per eliminare il reddito di cittadinanza e restringere il perimetro dei diritti, è utile e urgente che ci sia chi lavora per allargarli”, ha dichiarato.

L’iniziativa ha incontrato il sostegno di Marco Perduca dell’associazione Luca Coscioni, e coordinatore della campagna Legalizziamo, e di Maurizio Acerbo, leader di Rifondazione comunista. Una compagine ampia. L’idea viene seguita con attenzione anche da alcune aree del Partito democratico, con in testa la deputata Chiara Gribaudo, componente per la Missione Giovani della segreteria di Enrico Letta, che da anni è impegnata sul tema della legalizzazione. "L'arrivo del testo base alla Camera rappresenta un piccolo passo avanti in una battaglia di civiltà, fuori dalla retorica e dalle ipocrisie che circondano questo argomento", sottolinea. E sul referendum Gribaudo rilancia: "Bene l'iniziativa che sosterrò convintamente perché è un modo per uscire da una discussione che nel nostro Paese è costantemente ‘viziata'".

Un parere che trova sintonia in altri esponenti del partito. “Alla Camera arriva il testo base sulla coltivazione per uso terapeutico, che rappresenta un passo in avanti sulla discussione”, conferma a Fanpage.it la deputata del Pd, Enza Bruno Bossio, che spinge per l’approvazione in via parlamentare. “Per questo – aggiunge – a Montecitorio proporrò degli emendamenti che vanno nella direzione della coltivazione e della legalizzazione”. D’altra parte l’ipotesi di un referendum trova il plauso della parlamentare dem: “Sono sempre d’accordo sui referendum, che in genere servono a spingere una proposta di legge. Un’azione parallela a quella parlamentare sarebbe assolutamente positiva”.

Lo sforzo è solo all’inizio. “La prima cosa da fare è capire i termini del quesito, il confronto non è infatti solo politico ma anche tecnico. Bisogna individuare la formula più efficace”, spiega Civati a Fanpage.it. La battaglia travalica i confini della politica: “Oltre alle forze politiche c’è un mondo associativo da coinvolgere. Il vero punto è come costruire uno schieramento che non sia solo politico e che sia in grado di rappresentare una battaglia di civiltà”. In questo senso è significativa la mobilitazione dell’associazione Freeweed, che per il 18 settembre ha convocato un raduno a Roma, proprio con lo scopo di sensibilizzare l’opinione pubblica sulla legalizzazione della cannabis.

Un sasso nello stagno del Parlamento. Al di là dell’annuncio di Perantoni sulla calendarizzazione della proposta in commissione Giustizia, le Camere sono state pressoché immobili sul tema. Agli atti risulta una proposta firmata proprio da Bruno Bossio, insieme al collega Alessandro Zan, principalmente concentrata sulla coltivazione e detenzione per uso terapeutico. Mentre al Senato giace da tempo il testo presentato da Matteo Mantero, eletto con il Movimento 5 Stelle e ora passato a Potere al popolo. Per il senatore di Pap “l’autoproduzione di cannabis ad uso perso­nale è una pratica da garantire e tutelare da parte del legislatore, in quanto è un diritto del cittadino poter seguire una condotta di­sciplinare che non danneggi terzi né la so­cietà nel suo complesso”. Quindi, “la normativa deve garantire li­bertà, entro determinati limiti legislativa­mente stabiliti, nell’utilizzare la cannabis per uso personale permettendo altresì la coltivazione della stessa”, sostiene Mantero.

Ma rispetto all’ipotesi di una riforma realizzata in Parlamento, Civati resta scettico. Per questo rilancia: “Negli Stati Uniti il percorso della legalizzazione è avvenuto per via referendaria, Stato per Stato, tanto da costringere la politica a livello federale a prendere posizione. Il nostro sistema è diverso ma sarebbe importante che una riforma di questo tipo partisse dalla partecipazione delle cittadine e dei cittadini”.

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