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La bufala dei migranti che ci invadono e portano malattie infettive

Secondo il primo “Rapporto sulla salute dei rifugiati e dei migranti”, redatto da Oms e Inmp, non c’è nessun rischio di invasione e nessun allarme epidemie: i migranti costituiscono il 10% (90,7 milioni) della popolazione dei 53 Stati dell’area europea dell’Oms. Meno del 7,4% di questi sono rifugiati.
A cura di Annalisa Cangemi
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Uno studio dell'Organizzazione mondiale della sanità (Oms), in collaborazione con l'Istituto nazionale per la promozione della salute delle popolazioni migranti e per il contrasto delle malattie della povertà (Inmp), il primo "Rapporto sulla salute dei rifugiati e dei migranti nella regione europea dell'Oms", denuncia alcune bufale che circolano sui migranti. In primo luogo prova a smontare alcune paure irrazionali dei cittadini europei: nessuna invasione o rischio di epidemie. I migranti sono poi molti meno di quanto si pensi, e una volta arrivati in Europa, date le condizioni in cui spesso si ritrovano a vivere, aumenta la loro esposizione alle malattie, anche perché incontrano maggiori difficoltà ad accedere all'assistenza sanitaria. Non sarebbero dunque loro stessi veicoli di malattie. Lo studio, come prova, mostra alcune cifre: i migranti costituiscono il 10% (90,7 milioni) della popolazione dei 53 Stati dell'area europea dell'Oms. Meno del 7,4% di questi sono rifugiati. In alcuni Paesi europei, secondo la percezione comune, sembra che ce ne siano 3 o 4 volte di più.

"Nonostante l'opinione diffusa, esiste un rischio molto basso che rifugiati e migranti trasmettano malattie infettive alla popolazione ospitante", si legge nel report. Anzi, se i migranti "si trovano in condizioni di povertà, la durata della loro permanenza nei Paesi di accoglienza aumenta il rischio di malattie cardiovascolari, ictus o cancro. Poiché i migranti e i rifugiati rischiano di cambiare stile di vita per dedicarsi a meno attività fisica e consumare meno cibo sano, sono anche più inclini a fattori di rischio per le malattie croniche". Paradossalmente, sembrano essere più sani delle popolazioni ospitanti al loro arrivo. Gli spostamenti possono dunque rendere i migranti più vulnerabili alle malattie infettive. Alcuni dati possono far riflettere: ad esempio la loro incidenza tra i casi di tubercolosi di un Paese ospite varia ampiamente a seconda della prevalenza della tubercolosi nella popolazione nazionale e che una percentuale significativa di migranti e rifugiati sieropositivi ha contratto il virus solo dopo l'arrivo in Europa. Diventano più vulnerabili della popolazione ospitante al rischio di sviluppare malattie non trasmissibili e trasmissibili, ed è quindi "necessario che ricevano un accesso tempestivo a servizi sanitari di qualità, come tutti gli altri – ha spiegato Zsuzsanna Jakab, direttore regionale dell'Oms per l'Europa – Questo è il modo migliore per salvare vite umane e ridurre i costi di trattamento, oltre che per proteggere la salute dei cittadini residenti".

"Oggi i sistemi politici e sociali stanno lottando per raccogliere la sfida di rispondere agli sfollati e alle migrazioni in modo umano e positivo. Questo rapporto è il primo del suo genere, e ci dà una fotografia dello stato di salute dei rifugiati e dei migranti nella Regione europea dell'Oms, nel momento in cui il fenomeno migratorio si sta espandendo in tutto il mondo", ha aggiunto Zsuzsanna Jakab.

Tra le malattie censite, le forme di cancro sembrano colpire meno i migranti, eccetto il tumore cervicale. Tuttavia, il cancro nei rifugiati e nei migranti è più probabile che venga diagnosticato in una fase avanzata, il che può portare a esiti peggiori rispetto a quelli della popolazione ospite. Al contrario, depressione e ansia tendono a colpire rifugiati e migranti più che le popolazioni ospitanti. I migranti hanno inoltre una maggiore incidenza, prevalenza e tasso di mortalità per il diabete rispetto alla popolazione ospite, con tassi più alti nelle donne.

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