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Olimpiadi, dal blog di Beppe Grillo arriva lo stop: “Giochi a Roma, no grazie”

Con un post a firma di Elio Lannutti, presidente di Adusbef, si chiude la questione della candidatura della capitale a ospitare i Giochi olimpici: “Roma, che non si è ancora ripresa dai mondiali di Nuoto del 2009, che ha lasciato debiti e macerie ancora tutte da smaltire, dopo l’inchiesta dei magistrati sui “grandi eventi” e le “cricche degli appalti” con imprenditori e funzionari pubblici coinvolti, ha veramente bisogno delle Olimpiadi?”
A cura di C. T.
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Con un post pubblicato sul suo blog intitolato "Olimpiadi a Roma no grazie", Beppe Grillo chiude la questione della candidatura della capitale a ospitare i Giochi olimpici. "In un Paese divorato da corruzione ed illegalità, con il più imponente debito pubblico pari a 2.248,8 miliardi di euro, cresciuto con l’attuale Governo al ritmo di 5 miliardi al mese pari a 116.000 euro al minuto, una pesante ipoteca che grava sul futuro dei giovani, a chi e cosa servono le Olimpiadi di recente giudicate dal presidente Renzi: "fantastiche perché porterebbero soldi alle periferie", che secondo l’analisi di Gavin Poynter, professore di scienze sociali alla East London University e direttore del centro di ricerca universitario LERI, vengono: ‘spesso presentate come opportunità di rigenerazione per la città che li ospita, ma finiscono invece col diventare uno spreco di risorse pubbliche e un ottimo affare solo per le speculazioni private'?", si legge nel post a firma di Elio Lannutti, presidente di Adusbef (Associazione difesa consumatori ed utenti bancari, finanziari ed assicurativi).

"Se le Olimpiadi o i mondiali, possono essere funzionali alle classi politiche ed economiche per appagare il delirio di onnipotenza di immarcescibili saltimbanchi e molti affari per gli imprenditori – prosegue l'articolo – i Giochi spesso vengono utilizzati per ipotecare il futuro dei giovani gonfiati di debiti e come potenti armi di distrazione di massa, con la finalità di offrire con lo spettacolo, ripreso in mondovisione da mass media e Tv che ne finanziano una minima parte dei costi, effimeri sollievi a condizioni economiche e sociali delle famiglie, che potrebbero essere momentaneamente appagate con le medaglie, prima di finanziare con le loro fatiche, i costosi apparati pubblici".

Roma, secondo Lannutti "non si è ancora ripresa dai mondiali di Nuoto del 2009 (con un deficit di 9 milioni di euro), che ha lasciato debiti e macerie ancora tutte da smaltire, dopo l’inchiesta dei magistrati sui ‘grandi eventi' e le ‘cricche degli appalti' con imprenditori e funzionari pubblici coinvolti, come il palazzetto delle vele di Calatrava a Tor Vergata, 250 milioni di euro per un cumulo di cemento e un ammasso di ferro che potrebbe costare circa 700 milioni di euro; i 26 milioni di euro per la piscina di Ostia; i 13 milioni di Valco San Paolo; o la piscina costruita su suolo pubblico con fondi privati, poi offerta in concessione al Circolo Aniene". La città, si chiede il presidente Adusbef, "ha veramente bisogno delle Olimpiadi?"

"Come si può verificare dalle tabelle elaborate da Adusbef e da un recente studio della Oxford University – si legge nel post – quasi tutte le edizioni dei giochi, oltre a portare debiti, hanno visto raddoppiare il budget iniziale previsto, in media di un + 176%, a partire dalle Olimpiadi di Toronto, del 1976: nonostante l’allora sindaco Jean Drapeau avesse detto che "i giochi olimpici non possono perdere soldi" i costi – inizialmente stimati in 250 milioni di dollari – lievitarono fino a ben oltre i due miliardi, al punto che il governo locale fu costretto ad istituire una tassa speciale sui tabacchi per ripagare i debiti, in particolare per la costruzione dello stadio olimpico, presente trent’anni dopo la fine dei Giochi ed estinta solo a fine del 2006″.

Lannutti ha ricordato come "tutte le edizioni successive a quella del 1984 sono state una perdita netta per le amministrazioni pubbliche locali e nazionali": "In Spagna il governo, la città e la regione di Barcellona (sede delle Olimpiadi 1988) ci rimisero oltre 6 miliardi di dollari. Ad Atene il rosso delle casse pubbliche, dopo le Olimpiadi 2004 che batterono tutti i precedenti record di costi, è stato di oltre 10 miliardi (su spese complessive di 15) contribuendo al disastro dei conti del Paese. A Pechino – che per i giochi del 2008 batterono il record di spesa appena stabilito da Atene – il costo netto per le casse pubbliche è stato addirittura di oltre ventisei miliardi di dollari". Adusbef nonostante non abbia condiviso "notoriamente alcunché del governo tecnico presieduto dal senatore Mario Monti dalla fine del 2011, ritenne (e a maggior ragione oggi) ritiene sacrosanta la decisione di far rinunciare Roma alla candidatura delle Olimpiadi, per offrire un segnale di serietà e rigore nella gestione dei conti pubblici, per evitare che si possa continuare a giocare sulla pelle dei giovani, mentre il Paese non è ancora uscito dalla gravissima crisi economica, etica e morale che da anni lo perseguita".

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