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Occhi puntati su Fiat e intanto Lvmh…

Mentre prosegue la polemica tra il Lingotto (che sale in Chrysler) e Diego Della Valle circa il futuro di Rcs MediaGroup, il colosso francese del lusso Lvmh continua a fare shopping di marchi del “made in Italy” di qualità.
A cura di Luca Spoldi
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Occhi puntati in borsa su Fiat (che ha lanciato un nuovo bond benchmark a sei anni il cui rendimento è atteso nell’area “high 6%”), nel giorno in cui il Lingotto esercita l’opzione sul 3,3% del capitale di Chrysler che la porterà a salire al 68,49% dietro al pagamento a Veba di un controvalore indicato dalla stessa Fiat via preliminare in 254 milioni di dollari, anche se la cifra definitiva sarà stabilita dal Tribunale del Delaware al quale le parti si sono rivolte mesi addietro per risolvere un contenzioso. Sempre oggi Sergio Marchionni ha annunciato un investimento di circa 700 milioni di euro in 5 anni per lo Sevel di Atessa (Chieti), dove viene prodotto il veicolo commerciale leggero Ducato, (550 milioni da parte di Fiat-Chrysler, 150 circa da parte del partner francese Psa Peugeot) per introdurre, tra l’altro, 60 robot di lastratura, rinnovare 25 sistemi di spruzzatura in verniciatura, predisporre un nuovo impianto di assemblaggio e riorganizzare la logistica, segnalando peraltro come a fronte di 23,5 miliardi investiti dal gruppo in Italia tra il 2004 e il 2012 si siano avute agevolazioni per soli 742 milioni e ribadendo che pur non volendo “mettere in discussione gli investimenti già annunciati”, “non possiamo accettare il boicottaggio dei nostri impegni, avallati anche da autorevoli istituzioni”.

Un modo neppure troppo indiretto per dire che, per carità, il gruppo continua “a credere e a investire in Italia”, ma “senza regole certe, questo della Sevel sarà l’ultimo investimento”. Che se non è una risposta alle recenti polemiche innescate dal presidente della Camera, Laura Boldrini, e alla continua tensione con la Fiom (che Marchionne si dichiara, peraltro, “più che disponibile ad incontrare”, purchè si parta “dal dato acquisito che non possono essere messi in discussione gli accordi presi dalla maggioranza” dei lavoratori), poco ci manca. In compenso ancora non si sa (ma lo si intuisce) come andrà a finire la vicenda Rcs MediaGroup, il cui aumento è costato un altro centinaio di milioni di euro al gruppo, salito dal 10,5% al 20,1% del capitale dell’editore del Corriere della Sera, e che continua a far discutere per le polemiche innescate da Diego Della Valle (socio all’8,8%, teoricamente pronto a salire di peso rastrellando i diritti inoptati che saranno offerti da domani in borsa) e il possibile scioglimento del patto di sindacato nei prossimi mesi.

Il presidente della Repubblica, chiamato in causa dal patron di Tod’s, ha già fatto sapere di aver “letto l’appello del dottor Diego Della Valle pubblicato stamattina sulla stampa” e di averne “colto l’intento dichiarato di operare nell'interesse generale di una libera e corretta evoluzione del mondo della stampa e dell’informazione”, ma che “non spetta a me alcun commento su questioni e proposte rimesse alla libera determinazione di soggetti economici e imprenditoriali e al giudizio del mercato”. Mentre il presidente del Consiglio di sorveglianza di Intesa Sanpaolo, Giovanni Bazoli, ha proposto un parallelo “con chi auspica l’uscita delle fondazioni dalle banche” sottolineando: “E’ tutto corretto dal punto di vista dei principi, ma poi bisogna essere concreti: quali sono i privati disposti a intervenire?”. Eh sì, chi vuole comandare deve imparare a usare i propri capitali (anche se finora non è sempre andata così, anzi). Una grande verità che all’estero sanno già da molto tempo, come confermano le ultime battute della “campagna d’Italia” di un colosso come la francese Lvmh che non ha tardato a rispondere alle mosse della concorrente Kering.

Se l’ex Ppr ha da poco messo le mani sui gruppi Pomellato (proprietario anche del marchio Dodo) e Richard Ginori, dopo aver già conquistato anni fa altri bei nomi del lusso tricolore come Bottega Veneta, Brioni, Gucci o Sergio Rossi, il gruppo di Bernard Arnault in questi ultimi dieci giorni ha prima “fatto colazione”, letteralmente, rilevando dalla famiglia Faccioli l’80% dello storico Bar Cova di Via Montenapoleone, a Milano, per 32 milioni di euro (40 milioni di euro la valutazione del 100%), cosa che ha peraltro portato alla reazione di Prada che ha già dato mandato ai suoi legali di valutare se fare causa agli stessi Faccioli (ma non a Lvmh con cui il gruppo italiano è da anni e intende mantenersi in buoni rapporti), poi ha messo sotto i denti una portata decisamente più consistente, rilevando l’80% di Loro Piana per un 2 miliardi di euro (in questo caso la valutazione del 100% è stata pari a 2,7 miliardi). Nell’uno come nell’altro caso Lvmh ha lasciato ai soci di minoranza italiani la gestione delle aziende da loro stessi creati, garantendosi peraltro la possibilità di acquistare in futuro le quote residue.

Insomma: c’è un’Italia che “tira” ancora molto, specialmente agli occhi degli investitori esteri (sia finanziari sia industriali), accanto a un’Italia che fatica a investire e sembra più interessata alle residue lotte di potere che non allo sviluppo di nuovi prodotti, servizi e marchi con cui conquistare il mercato domestico (crisi permettendo) e quelli mondiali. La sensazione, come vado ripetendovi da qualche tempo, è che la crisi stia mettendo tutti di fronte a delle scelte: se mantenere il controllo anche a costo di far sfiorire marchi e aziende o accettare nuovi capitali e rilanciare le attività, dovendo però abdicare ad ulteriori “pezzi di sovranità” industriale. Che se poi i capitali venissero reimpiegati per creare nuove aziende, dare impulso a nuovi settori, lanciare nuovi marchi, beni e servizi non sarebbe poi così scandaloso. O no?

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Luca Spoldi nasce ad Alessandria nel 1967. Dopo la laurea in Bocconi è stato analista finanziario (è socio Aiaf dal 1998) e gestore di fondi comuni e gestioni patrimoniali a Milano e Napoli. Nel 2002 ha vinto il Premio Marrama per i risultati ottenuti dalla sua società, 6 In Rete Consulting. Autore di articoli e pubblicazioni economiche, è stato docente di Economia e Organizzazione al Politecnico di Napoli dal 2002 al 2009. Appassionato del web2.0 ha fondato e dirige il sito www.mondivirtuali.it.
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