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Fiat, Boldrini dice no a Marchionne: “Non vengo a visitare la fabbrica. No a ribasso dei diritti””

Il Presidente della Camera declina l’invito dell’AD Fiat a visitare lo stabilimento in Val di Sangro per motivi di agenda. E a Marchionne fa sapere che “non sarà certo una gara a ribasso su diritti e costo del lavoro ad avviare la ripresa”.
A cura di Biagio Chiariello
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Il presidente della Camera Laura Boldrini ha chiesto, aprendo i lavori del convegno “WoMen: libere dalla violenza”, di rompere il silenzio su un tema complicato come quello della violenza contro le donne. Violenza fisica, psicologica e femminicidi: tutti i temi discussi a Roma.

Il presidente della Camera, Laura Boldrini, ha declinato l'invito dell'a.d. della Fiat, Sergio Marchionne, a visitare lo stabilimento in Val di Sangro. In una lettera a Marchionne, la Boldrini ha spiegato che per "gli impegni istituzionali già in agenda" non può accettare. Ma non ha fatto mancare una frecciata: "No alla gara al ribasso sui diritti perché per ogni fabbrica che chiude e va all'estero centinaia di famiglie precipitano nel disagio". E parla anche dei diritti degli operai: ”Per ogni fabbrica che chiude e per ogni impresa che trasferisce la produzione all’estero, centinaia di famiglie precipitano nel disagio sociale e il nostro sistema economico diventa più povero e più debole nella competizione internazionale” è il duro testo del Presidente della Camera.

Questa dunque la risposta che il presidente della Camera dà alla lettera con cui Marchionne, alla fine di giugno – e subito dopo che la stessa Boldrini aveva incontrato una delegazione della Fiom-Cgil – l’aveva invitata a visitare uno stabilimento Fiat. Nella nota diffusa dall'ufficio stampa di Montecitorio, traspare in particolare il suo ”interessamento ai temi del lavoro, in questa particolare fase di crisi economica. Non si tratta soltanto di sensibilità personale. Ritengo – spiega infatti Boldrini – un dovere per chi rappresenta le istituzioni dedicare il massimo impegno al tema del lavoro in tutte le sue declinazioni: la disoccupazione giovanile, la precarietà, la perdita del posto per persone non più giovani e con famiglia. Così come il lavoro da reinventare e ripensare sotto nuove forme e in chiave di innovazione e di produttività”.

Ecco il testo della sua risposta a Marchionne:

 

"Gentile dott. Marchionne, La ringrazio per la sua cortese lettera del 28 Giugno e per l'invito che mi ha rivolto.

Lei ha giustamente notato il mio interessamento ai temi del lavoro, in questa particolare fase di crisi economica. Non si tratta soltanto di sensibilità personale. Ritengo un dovere per chi rappresenta le istituzioni dedicare il massimo impegno al tema del lavoro in tutte le sue declinazioni: la disoccupazione giovanile, la precarietà, la perdita del posto per persone non più giovani e con famiglia. Così come il lavoro da reinventare e ripensare sotto nuove forme e in chiave di innovazione e di produttività. Cerco, per questa ragione, di sollecitare, per quanto è nelle mie facoltà, l'esame di proposte di legge di iniziativa governativa o parlamentare che si propongono di stimolare e incoraggiare nuova occupazione. E cerco quanto più possibile di incontrare sia le delegazioni di lavoratori che vengono a Roma per far sentire la loro voce al Governo e al Parlamento, sia i piccoli e medi imprenditori che tentano una via di uscita dalla crisi. Sarebbe grave se in un momento così difficile per le famiglie italiane i Palazzi della politica si chiudessero in se stessi e non si mostrassero aperti a tali istanze.

Questi incontri, e i tanti che svolgo nelle città italiane, insieme alle decine di migliaia di lettere e messaggi che ho ricevuto finora, mi danno il senso dello stato di salute della nostra economia e dei suoi numerosi punti di criticità. In particolare emerge la portata del processo di deindustrializzazione che colpisce aree sempre più vaste del nostro Paese. Per ogni fabbrica che chiude e per ogni impresa che trasferisce la produzione all'estero, centinaia di famiglie precipitano nel disagio sociale e il nostro sistema economico diventa più povero e più debole nella competizione internazionale.
Siamo consapevoli che bisogna invertire quanto prima questa tendenza e ognuno di noi può fare qualcosa di utile. La politica, certamente, ma anche il mondo sindacale e quello imprenditoriale. Tutti siamo chiamati a sfide nuove. La mia esperienza di vita e di lavoro mi ha spinto a guardare tutto questo in un'ottica globale e a rendermi conto che non servono soluzioni di corto respiro. Il livello e l'impatto della crisi sono tali da imporre un progetto del tutto nuovo, una politica industriale che consenta una crescita reale, basata su modelli di sviluppo sostenibile tanto a livello economico, quanto sociale e ambientale.

Lei concorderà che le vecchie ricette hanno fallito e che ne servono di nuove. Affinché il nostro Paese possa tornare competitivo è necessario percorrere la via della ricerca, della cultura e dell'innovazione, tanto dei prodotti quanto dei processi. Una via che non è affatto in contraddizione con il dialogo sociale e con costruttive relazioni industriali: non sarà certo nella gara al ribasso sui diritti e sul costo del lavoro che potremo avviare la ripresa. Tutto questo mi porta a guardare con particolare interesse alla condizione e al ruolo della Fiat, sia in Italia sia all'estero, e ascoltare le ragioni di quanti partecipano attivamente a una realtà così importante.

Impegni istituzionali già in agenda purtroppo non mi consentono di accogliere l'invito alla cerimonia del 9 Luglio in Val di Sangro. Certa che non mancheranno ulteriori occasioni di confronto, Le invio i più cordiali saluti."

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