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Le espressioni fasciste usate da Salvini sono un trucco, non caschiamoci

Ogni parola che esce dalla bocca di Matteo Salvini è scelta con un calcolo attento, dedicato: non si fa praticamente mai sfuggire un’espressione non voluta. Quindi se lo sentiamo usare delle espressioni tipiche del dittatore Benito Mussolini e in generale proprie del gergo fascista, non è un caso, questo è sicuro. Ma perché lo fa?
A cura di Giorgio Moretti
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Per quale motivo il ministro Matteo Salvini se vuole dire che si tiene saldo sulle sue posizioni afferma "Non mollo" (e si sa, boia chi molla) oppure "Tireremo dritto", perché se vuole descrivere una più stretta collaborazione con la Repubblica Federale di Germania decide di parlare di "asse Roma-Berlino"?

C'è chi pensa che sia una scelta dettata da intenzioni di continuità: vuole essere riconosciuto, in modo non palese ma inconfondibile, come un erede morale di Mussolini, e vuole presentare l'epoca che promette di aprire come prosieguo dell'epoca supposta d'oro del fascismo. Lo chiamano militarescamente Il Capitano: come un antico re barbaro ha convertito al cristianesimo (un cristianesimo tutto suo) i celoduristi pagani che si lavavano alle fonti del dio Eridano con gli elmi cornuti, e le rovine del maschio autoritarismo del fascismo, conosciute invadendo l'Italia alla volta di Roma ladrona, sono un patrimonio che lui è perfettamente in grado di assimilare, e che non si lascerà scappare.
Ma pensarla solo così sarebbe superficiale, perfino ingeneroso: Matteo Salvini è un politico raffinato che traccia rotte complesse, mica naviga a vista, mica si può misurare a spanne ciò che fa.

La strategia di avvicinamento al fascismo, attuata anche attraverso queste tattiche linguistiche di costate evocazione di motti ed espressioni fasciste, si compie dissimulando l'avvicinamento al fascismo. Palmo a palmo, tweet a tweet, video a video, Salvini avanza il gergo del fascismo, e chi lo noti e lo critichi per questo viene messo nella luce del malpensante radical-chic.

In ipotesi, così come la svastica è un simbolo bellissimo di origine antichissime che solo negli ultimi decenni s'è sporcato di abominio, così come le croci celtiche sono simboli del tutto normali, anche quelli belli, che costellano i quieti cimiteri inglesi e solo gli ossessionati continuano a ricollegarle al fascismo, le espressioni fasciste sono solo parole che incidentalmente erano state usate da un regime di settant'anni fa: li vedi questi sinistrorsi che sanno fare opposizione solo dandomi del fascista? Sono monomaniaci fuori dalla realtà. Che perdano pure tempo ed energie a odiarmi in questo loro giochetto ideologico da cui non riescono più a liberarsi, io sono impegnato a lavorare per il bene degli italiani.

I motti e le espressioni fasciste di Matteo Salvini sono il panno rosso del toreador. Il povero toro, incastrato in quel crudele gioco di morte, si fa ingannare e investe il panno dietro cui c'è solo aria. Si fa affondare l'opposizione, la critica, nella vana incornata di modi di dire su cui, ma va là!, soltanto chi è inchiodato nel passato e ha idee da pappagallo può continuare a fissarsi. Il toro attacca il panno rosso come se il pericolo fosse lì, mentre la spada ce l'ha il toreador, pochi centimetri di lato.

Il gioco è raffinato. Abbiamo un'ideologia, quella salvinista, che fa scattare tutti i campanelli d'allarme sulle ideologie fasciste individuati ne Il Fascismo Eterno di Umberto Eco. I promotori politici di questa ideologia la smarcano dalle critiche di fascismo come? Smontando in modo analitico le accuse? No. Lo fanno offrendo alla critica un'imitazione superficiale del gergo fascista e facendosi colpire lì, dove c'è solo il vuoto provocatorio di uno scimmiottamento lessicale lanciato en passant, sembra quasi per caso, in modo da poter affermare che l'eco del fascismo la sente solo chi è ossessionato dal fascismo, roba di un secolo fa. Così il salvinismo dissimula la sua vera, sostanziale assimilazione di tratti di un'ideologia fascista, offrendo un drappo rosso di slogan fascisti che piace ai nostalgici e sfianca i critici.
Quando sentiamo l'eco di un motto fascista in un discorso di Salvini, non caschiamoci, è un trucco per farsi attaccare dove vuole lui, per distrarre dalla critica che invece può davvero danneggiarlo.

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Nato nel 1989, fiorentino. Giurista e scrittore gioviale. Co-fondatore del sito “Una parola al giorno”, dal 2010 faccio divulgazione linguistica online. Con Edoardo Lombardi Vallauri ho pubblicato il libro “Parole di giornata” (Il Mulino, 2015).
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