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L’Italia manderà i militari in Niger. Ma il Governo del Niger non lo sa e non è d’accordo

Il governo del Niger dice di avere saputo della missione italiana solo dalle agenzie di stampa e di non essere d’accordo con la sua utilità. Eppure nei prossimi mesi il governo italiano spenderà 49,5 milioni per un’iniziativa non concordata. Perché?
A cura di Giulio Cavalli
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Dicono di avere saputo della missione italiana "da un lancio dell'agenzia di stampa Afp", di non essere stati "né informati né consultati" e di avere già "informato il governo italiano di non essere d'accordo con tale missione": diverse fonti del governo del Niger, vicine al premier Niamey, smentiscono in toto la ricostruzione che Gentiloni affidò al Parlamento in occasione della votazione della missione italiana in Niger secondo cui l'intervento italiano sarebbe indispensabile per garantire stabilità, sicurezza e per "formare e addestrare truppe in loco".

"Riceviamo già quello che ci serve dagli americani e ci siamo anche coordinati con i francesi", fanno sapere dal Niger, e nonostante esiste effettivamente un dialogo con l'Italia sul tema della sicurezza  questo"non implica in alcun modo che il Niger possa ospitare tale missione". Ce n'è abbastanza per imbarazzare sia il presidente del consiglio che il ministro Angelino Alfano (che tra l'altro sarebbe stato recentemente informato dal Niger delle loro posizioni) e soprattutto c'è abbastanza per smontare la retorica di una missione ("no combat" come l'ha definita il Capo di Stato Maggiore della Difesa Claudio Graziano) "urgente contro il fenomeno dei traffici illegali e delle minacce della sicurezza". E viene da chiedersi, ancora di più e più forte, che senso abbiano i 470 militari, i 130 mezzi terrestri, i 2 aerei e la spesa  prevista 49,5 milioni di euro (nel solo 2018) se davvero "bastano gli addestratori presenti" (che poi sarebbe da chiedersi cosa c'entri un contingente così imponente con l'addestramento, tra l'altro) e se è falso che ci siano urgenti minacce per la stabilità del Paese.

O forse semplicemente la missione in Niger (come il rafforzamento del numero di militari impegnati nella missione in Libia, nella missione Nato di supporto in Tunisia, nella missione Onu per il Sahara occidentale e in quella dell'Unione europea di addestramento delle forze armate locali nella Repubblica Centrafricana) rientra semplicemente in un processo di ricollocazione politica in quelle zone così disperatamente povere nel sostentamento degli uomini e così abbondantemente ricche nelle risorse (il Niger è il quinto Paese al mondo per l’estrazione dell’uranio, circa 3243 tonnellate l’anno). O forse davvero questa missione rientra nello "scambio di favori" tra Paesi europeissimi che brigano tra loro con l'Africa come banale scenario. O forse c'è qualche altro motivo che non ci è stato chiarito e che emergerà nel tempo. Tutte obiezioni che le opposizioni avevano sollevato già in occasione del voto parlamentare e a cui, per ora, non è stata data risposta.

Quello che è chiaro che l'ennesima "missione di pace" (che è il subdolo modo per non far sentire l'odore della guerra) non gode nemmeno del consenso del Paese che dovrebbe essere "salvato". E non sembra proprio un bell'inizio. No.

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Autore, attore, scrittore, politicamente attivo. Racconto storie, sul palcoscenico, su carte e su schermo e cerco di tenere allenato il muscolo della curiosità. Collaboro dal 2013 con Fanpage.it, curando le rubriche "Le uova nel paniere" e "L'eroe del giorno" e realizzando il format video "RadioMafiopoli". Quando alcuni mafiosi mi hanno dato dello “scassaminchia” ho deciso di aggiungerlo alle referenze.
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