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Opinioni

Jon Huntsman getta la spugna (e spinge Romney verso la nomination)

Dopo la debacle in Iowa e un modesto risultato in New Hampshire, l’apprezzato ex ambasciatore USA in Cina si ritira dalla corsa nelle primarie repubblicane e annuncia la volontà di sostenere Mitt Romney. Partita chiusa in casa repubblicana?
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Jon Huntsman si ritira

Come da copione, Jon Huntsman ha annunciato la decisione di ritirarsi dalla corsa alla nomination per la Casa Bianca. Una decisione non certo inaspettata dopo il misero 0,6% raccolto ai caucus dell'Iowa ed un modesto 17% racimolato alle primarie del New Hampshire, ma anche un segnale importante sull'esito finale delle primarie repubblicane per la scelta dello sfidante del Presidente in carica Barack Obama. Infatti, l'ex ambasciatore della Cina, nonché rimpianto Governatore dello Utah, ha anche anticipato la volontà di sostenere attivamente il grande favorito Mitt Romney, che ha stravinto in New Hampshire solo pochi giorni fa. Una legittimazione ulteriore per il Governatore del Massachussets, ormai unico alfiere della destra moderata repubblicana, nonché (come dimostrano gli ultimi rilevamenti) unico candidato in grado di "impensierire" Obama nel voto del 6 novembre.

La rinuncia di Huntsman, tuttavia, rappresenta un altro segnale dell'involuzione della destra statunitense ed è la testimonianza diretta dello scontro in atto ormai da mesi tra la base e l'establishment del partito repubblicano. Come ricorda Christian Rocca in un post la cui lettura vi consigliamo vivamente:

"Gli intellettuali conservatori e la base elettorale della destra americana stanno combattendo una guerra culturale senza precedenti […] C’è chi è convinto che tra i caduti del conflitto ideologico in corso ci sia già quella formidabile filosofia conservatrice che negli ultimi trent’anni ha vinto gran parte delle battaglie culturali del suo tempo, ha fatto breccia nella sinistra moderna e ha fissato i termini dell’agenda politica globale. A uccidere il conservatorismo, o a ferirlo gravemente, sono stati i Tea Party, i movimenti di protesta antistatalista, i gruppi ribelli senza una visione nazionale, senza una filosofia coerente, ma con un forte disprezzo per le liturgie di Washington".

Un fuoco di sbarramento che ha più o meno indirettamente colpito anche una candidatura moderata e credibile come quella di Jon Huntsman. L'ex Governatore dello Utah, scelto dallo stesso Barack Obama per ricoprire il delicato incarico di ambasciatore statunitense in Cina, sembrava in effetti incarnare un modello di destra "equilibrato e ragionevole", con aperture di buonsenso su unioni civili e immigrazione e, pur avendo scelto di aprire in modo "romantico – nazionalpopolare" la sua corsa alla nomination (con un omaggio a Ronald Reagan sullo sfondo della Statua della Libertà) sembrava essere riuscito ad evitare (per quanto possibile) demagogia e populismo nella sua proposta politica. Anche per questo, però, non è mai riuscito a convincere nè la pancia dell'elettorato conservatore, nè l'area moderata, che ha fin dall'inizio visto quella di Romney come la candidatura più autorevole ed in grado di tener testa all'area "radicale" capitanata da Ron Paul e a quella vetero – moralista che fa capo a Rick Santorum.

Insomma, che per Huntsman i margini di manovra fossero limitati lo si era capito fin da subito e a ben poco è servito oliare (con una discreta raccolta fondi) gli ingranaggi di una macchina organizzativa che si è valsa anche del supporto "eclettico" delle sue tre giovani figlie, a lungo sotto i riflettori. La sua decisione dunque rafforza ancor di più la posizione di Mitt Romney e serve a far chiarezza sui termini dello scontro in atto: da una parte l'area moderata – tecnocratica del "mai troppo amato Romney" (prevedibile in effetti anche un'imminente defezione di Rick Perry, governatore del Texas crollato alla lunga nei sondaggi e nella considerazione dei burocrati del Partito), dall'altra le spinte più reazionarie e radicali della destra repubblicana, con Rick Santorum e Ron Paul a tirare le fila del malcontento della base. In mezzo al guado un sempre più avvelenato Newt Gingrich, che negli ultimi giorni ha realizzato e diffuso un durissimo docu – film che spara a zero su Mitt Romney, mettendo in chiaro che (per ora) non ha alcuna intenzione di abbassare il tono dello scontro. Per ora (e fino al voto della Florida probabilmente…)

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A Fanpage.it fin dagli inizi, sono condirettore e caporedattore dell'area politica. Attualmente nella redazione napoletana del giornale. Racconto storie, discuto di cose noiose e scrivo di politica e comunicazione. Senza pregiudizi.
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