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Ius soli, si spera in Mattarella: “La cittadinanza è più di un diritto, non lasciateci soli”

Dopo lo stop al Senato, arriva la lettera aperta del Movimento #ItalianiSenzaCittadinanza, che riunisce i figli di immigrati cresciuti in Italia ma senza passaporto italiano, al presidente della Repubblica.
A cura di Redazione
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Come vi abbiamo raccontato, le tante assenze (sia tra i banchi dell'opposizione che tra quelli dei centristi e del Partito Democratico) hanno fatto saltare il numero legale al Senato e affossato, quasi definitivamente, la discussione della legge in materia di cittadinanza, che introduce lo ius soli temperato e lo ius culturae. Il provvedimento, che è stato approvato alla Camera, rischia dunque di naufragare considerando che la legislatura ha i giorni contati perché, con ogni probabilità, il Presidente della Repubblica scioglierà le camere nei prossimi giorni.

E proprio a Mattarella si rivolgono ora gli attivisti di "Italiani Senza cittadinanza", il movimento animato dai figli di immigrati cresciuti in Italia e ancora in attesa di ottenere la cittadinanza. La lettera, anticipata da Repubblica, intende spingere il Capo dello Stato a farsi carico di sollecitare un ritorno del Parlamento sulla legge, prima che cominci la lunga campagna elettorale per le politiche del 2018.

Ecco il testo:

Egregio Presidente della Repubblica,
Oggi, 27 dicembre, ricorrono i settant'anni della promulgazione della Costituzione del
nostro Paese. In una giornata così bella e fondamentale per le nostre vite e per la nostra
democrazia, è nostro dovere ricordarLe come molte e molti di noi abbiano imparato a
conoscerla tra i banchi di scuola, imparandone i valori fondamentali di libertà, uguaglianza,
pace, rispetto, imparando a diventare di fatto cittadini e non più sudditi, secondo gli auspici
di Piero Calamandrei e le opportune circolari ministeriali che spingono i docenti a
seminare semi di cittadinanza attiva nei loro allievi e nelle loro allieve.
Tutti e tutte noi l'abbiamo letta, riletta e riscoperta in questo anno di mobilitazione a favore
della riforma della cittadinanza, ci siamo riconosciuti profondamente nei suoi valori, e in
particolare nell'articolo 3, il cui secondo, magnifico comma, concepito dal padre costituente
Lelio Basso, che recitando " […] E' compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di
ordine economico e sociale, che limitando di fatto l'eguaglianza dei cittadini, impediscono
il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori
all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese." , prospetta un orizzonte di
riduzione delle diversità e di accesso ai diritti fra le varie componenti della Nazione e di
progressivo ampliamento dei diritti e della platea degli aventi diritto come inscritto
nell'intelaiatura profonda della Repubblica.
Caro Presidente, concorderà con noi che il 23 dicembre la Repubblica ha fallito nella
rimozione di questi "ostacoli", mantenendo di fatto una distinzione netta tra cittadini e non,
basata su una concezione prettamente elitaria ed economica della cittadinanza.
La cittadinanza è qualcosa di più di un diritto. La grande filosofa Hannah Arendt l’ha
definita «il diritto ad avere diritti» in quanto solo il riconoscimento della cittadinanza
trasforma un individuo in un soggetto giuridico detentore di diritti.
Non lasci che questa battaglia, iniziata con le prime mobilitazioni della Rete Nazionale
Antirazzista nel 1997, quando molti e molte di noi non erano ancora nati, cada in un nulla
di fatto. Anche perché così non è. Il quadro che consegnerebbe al Paese la rinuncia a
discutere in aula la riforma della cittadinanza è ben diverso da quello che si presentava
all’inizio della legislatura. In questi mesi, forze oscure che puntano a indebolire le ragioni
della convivenza e dello stato di diritto sono cresciute, proprio cavalcando le ragioni del
fronte del no alla riforma, riattivando la memoria di parole d’ordine che credevamo
dimenticate, legate al fascismo e del colonialismo. Con la nostra battaglia puntiamo ad ottenere, finalmente,
il nostro riconoscimento come categoria sociale finora ignorata e dimenticata; con la
nostra battaglia puntiamo ad una politica di ampio respiro, al passo con i tempi e che
soprattutto sappia riconoscere i cambiamenti sociali e culturali del proprio Paese. Con la
nostra battaglia, inoltre, puntiamo ad ottenere un'applicazione ancora più incisiva della
nostra Costituzione Italiana.
Talvolta le autorità di un Paese democratico sono chiamate dalla Storia a promuovere
leggi che possono apparire divisive ma che in realtà sono necessarie a potenziare gli
anticorpi e a creare argini contro la deriva di forze antidemocratiche e destabilizzanti.
Non lasciateci soli ancora una volta.

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