Segrega la compagna per 14 giorni in un cassa di mela: aveva alzato la voce contro di lui

Martedì mattina, nei pressi di un’azienda agricola che costeggia l’A4, nei dintorni di Sommacampagna, nel Veronese, alcuni operai hanno sentito grida provenire dai campi e hanno contattato le forze dell’ordine. La loro attenzione è stata catturata dai lamenti provenienti dalle casse di plastica per la frutta. All’interno di quel cubo largo e profondo non più di un metro e posizionato sotto tutti gli altri, si muoveva un essere vivente. All’inizio, si è pensato ad un animale, ma poi gli agenti della polizia stradale di Verona Sud e i carabinieri della compagnia di Villafranca hanno scoperto che si trattava di una donna. Subito soccorsa dal personale di Verona Emergenza, nonostante il forte stato di choc, ha iniziato a raccontare la sua incredibile storia, come si legge sul Corriere della Sera:
Polacca, 44 anni e figli, da anni andava e veniva da Varsavia a Verona per lavorare nei campi dell’imprenditore altoatesino con il quale aveva avuto una relazione. Era stato il suo datore di lavoro a rinchiuderla lì dentro, lo scorso 14 agosto, al termine di un’accesa discussione avvenuta nell’abitazione dell’uomo. Un lenzuolo per coprirsi, bottiglie d’acqua ogni tanto e un po’ di cibo a cadenza regolare: due settimane senza mai uscire da quella prigione di plastica, esposta all’afa africana e agli acquazzoni che hanno interessato il Veronese negli ultimi giorni.
Trasferita d’urgenza all’ospedale Magalini di Villafranca, risulterebbe ancora ricoverata in stato di choc. Nel frattempo le forze dell’ordine, hanno bloccato il suo aguzzino – un cinquantatreenne di Bolzano – e arrestato con le pesanti accuse di sequestro di persona e tortura. Erano stati i figli della 44enne a denunciare la scomparsa. L’agricoltore, già denunciato dieci anni fa per violenza sessuale nei confronti di una minore, era già stato sentito dai militari dell’Arma nei giorni scorsi proprio in merito alla sparizione della donna. Ma aveva sempre mentito, spiegando alle forze dell’ordine che la compagna si era allontanata spontaneamente e da allora non aveva avuto più notizie. Le indagini ora proseguono per verificare ulteriori dettagli del racconto della polacca, a partire dal ruolo di uno dei collaboratori dell’uomo, un 32enne polacco, che lo avrebbe aiutato a imprigionarla in quella cassa verde, chiudendole la bocca con del nastro adesivo. L'uomo è stato denunciato.
Nel raccontare i particolari più cruenti della storia gli stessi carabinieri non hanno saputo nascondere lo sbigottimento. "Una scena agghiacciante – spiega il capitano della Compagnia di Villafranca, Ottavia Mossenta – si è presentata davanti ai nostri occhi e a quelli degli uomini polstrada quando abbiamo aperto quella cassa". Nonostante le torture subite, è stata la stessa vittima, dimessa mercoledì dall'ospedale Magalini di Villafranca, a indicare il suo aguzzino. "Era molto deperita e sotto shock – aggiunge – ma è riuscita a descrivere tutta la vicenda e quello che aveva subito".
“Sequestro di persona e tortura le accuse per un imprenditore agricolo arrestato in provincia di Verona per aver tenuto praticamente segregata in un cassone una donna, una lavoratrice di nazionalità polacca. Purtroppo questo avviene nella nostre campagne, da nord a sud, quando padroni senza scrupoli pensano di avere il controllo della vita delle persone. Si tratta di un fatto gravissimo che stigmatizza quello che avviene in alcuni settori, dove da sottosalario e lavoro nero si passa a fenomeni di vera e propria riduzione in schiavitù”. Lo dichiara Ivana Galli, Segretaria Generale Flai Cgil.
“Lo stato di segregazione, ricatto e violenze ai danni di donne impiegate in agricoltura, che abbiamo denunciato nel ragusano, si ripete purtroppo anche in altre zone del Paese. Ci piacerebbe anche su fatti gravi come questo conoscere il pensiero del ministro Salvini e le azioni in campo per contrastare simili fenomeni”.