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Il Pd presenta un esposto contro Luigi Di Maio per il caso dell’azienda di famiglia

Il Pd presenta un esposto sul caso dell’azienda di famiglia di Luigi Di Maio: a illustrarlo è il deputato dem Carmelo Miceli. Le accuse sono: sottrazione fraudolenta di patrimonio al pagamento delle imposte, lavoratori in nero, dichiarazioni fiscali infedeli, falso in bilancio, intestazione fittizia.
A cura di Stefano Rizzuti
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Da una parte chiede a Luigi Di Maio di riferire in Parlamento, dall’altra presenta un esposto in procura a Napoli. Il Partito Democratico passa all’attacco del vicepresidente del Consiglio per la vicenda, scoperchiata dalle Iene, dell’azienda di famiglia, dei lavoratori in nero e della società di cui il ministro, fino a oggi, deteneva alcune quote. A presentare l’esposto nei confronti di Di Maio è il deputato del Pd, Carmelo Miceli, che ha illustrato i contenuti dell’esposto in una conferenza stampa a Montecitorio. Le ipotesi di reato sono: sottrazione fraudolenta di patrimonio al pagamento delle imposte, lavoratori in nero, dichiarazioni fiscali infedeli, falso in bilancio, intestazione fittizia.

L’esposto sull’azienda di famiglia di Di Maio verrà presentato alla procura di Napoli. Miceli, avvocato e membro della commissione Antimafia, ha ricostruito i passaggi dalla ditta del padre del vicepresidente del Consiglio, Antonio Di Maio, alla madre. Fino a che i beni sono finiti nella Srl di cui erano proprietari, prima del suo scioglimento, Luigi Di Maio e la sorella Rosalba. Miceli parla quindi del padre del vicepresidente del Consiglio: “Il deus ex machina della società è sempre stato Antonio Di Maio. Prima con la ditta individuale, Antonio Di Maio aveva debiti per centinaia di migliaia di euro. Per questi debiti la ditta fu costretta a chiudere i battenti nel marzo del 2006. A quel punto nasce una nuova ditta, la Ardima, che aveva come amministratore la mamma di Luigi Di Maio, la signora Esposito. Di Maio senior, dunque, chiude per debiti e la signora Esposito, insegnante, apre una sua società di costruzioni”.

A quel punto, prosegue Miceli, “l’attività viene sempre gestita dal padre di Di Maio. Se una ditta chiude per debiti e trasferisce il proprio patrimonio ad un'altra ditta è un reato molto grave punito dall'articolo 648 del codice penale. C’è una evidente continuità tra le due operazioni”. Una tesi che secondo il deputato del Pd si può dimostrare attraverso i bilanci delle due società: “Quando la ditta individuale di Antonio Di Maio chiude, ha un patrimonio di 80 mila 258 euro. Quando apre la Ardima rimane inattiva per due anni eppure, nonostante questo periodo di inattività, l'anno seguente risultano 16 mila euro che non siamo riusciti ad attribuire ad alcuna attività, forse una progettazione? L'anno successivo, però, risulta un aumento di capitale che porta il patrimonio complessivo, da 20mila euro, a 102mila euro. Sembrerebbe che gli 80 mila euro della ditta individuale si siano trasferiti così alla Ardima”.

Il Pd chiede a Di Maio di riferire in Parlamento

Il capogruppo del Pd a Palazzo Madama, Andrea Marcucci, ha fatto sapere di aver chiesto “urgentemente che Di Maio venga a riferire in aula al Senato con un’informativa sulle questioni che riguardano lui, la sua famiglia, la sua azienda. Di Maio ci dica anche se nel momento in cui è diventato ministro del Lavoro era a conoscenza dei problemi legati al lavoro nero nell'azienda di famiglia. Noi non ci comportiamo per il momento come loro, vogliamo dargli l'opportunità di chiarire nelle sedi istituzionali gli eventi in maniera puntuale”. Ma intanto la maggioranza dell’Aula ha respinto la richiesta di informativa da parte del vicepresidente del Consiglio sui fatti relativi alle vicende riguardanti l’azienda di famiglia.

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