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Nuova Zelanda verso lo stop alle “terapie” per curare gay e lesbiche: in Italia sono ancora legali

La Nuova Zelanda si appresta a rendere illegali le cosiddette “terapie di conversione”, ovvero quelle pratiche antiscientifiche che mirano a convertire omosessuali, lesbiche o bisessuali in eterosessuali tramite psicoterapia, somministrazione di farmaci, elettroshock , esorcismo e violenze. Tali “terapie” sono ancora legali in Italia.
A cura di Davide Falcioni
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Le terapie di conversione dell'orientamento sessuale delle persone omosessuali e transessuali potrebbero presto essere vietate in Nuova Zelanda grazie a un'iniziativa legislativa del governo a maggioranza laburista e a una straordinaria mobilitazione del movimento LGBTQ, che ha inviato più di 100mila osservazioni a un disegno di legge già approvato l'8 settembre e ora al vaglio del Parlamento.  Le "terapie di conversione", dette anche "terapie riparative", sono pratiche antiscientifiche ancora legali in molti Paesi del mondo, compresa la Nuova Zelanda (ma anche l'Italia), e vengono sovente eseguite su adolescenti nel tentativo di convertirli all'eterosessualità

Cosa sono le "terapie di conversione"

Si tratta di tutte quelle pratiche (chiamarle "terapie" è errato, visto che l’omosessualità non è una malattia) con cui si cerca di cambiare l’orientamento sessuale o l’identità di genere di una persona: da omosessuale, lesbica o bisessuale a eterosessuale. Eseguite fin dalla fine dell’Ottocento, tali pratiche hanno continuato a essere messe in atto anche dopo la depatologizzazione dell’omosessualità da parte della comunità scientifica (nel 1990 l'OMS l’ha rimossa dagli elenchi delle malattie mentali). Le tecniche impiegate sono le più disparate: dalla psicoterapia alla somministrazione di farmaci, dall'elettroshock all'esorcismo, passando per la privazione del cibo, l'isolamento coatto, gli insulti, l'ipnosi, le percosse e altre violenze cosiddette "correttive". Formalmente in Nuova Zelanda tali pratiche sono ancora legali, anche se ben presto non lo saranno più. Il ministro della Giustizia Kris Faafoi ha infatti rivendicato l'importanza della legge in un'intervista rilasciata alla Reuters: "Le pratiche di conversione non hanno posto nella moderna Nuova Zelanda. Si basano sulla falsa convinzione che l’orientamento sessuale, l’identità di genere o l’espressione di genere di qualsiasi persona siano aggiustabili. Medici, leader religiosi e difensori dei diritti umani qui e all’estero si sono espressi contro queste pratiche, definendole dannose e potenzialmente in grado di perpetuare pregiudizi, discriminazioni e abusi nei confronti dei membri delle comunità arcobaleno".

"Terapie di conversione" ancora legali in Italia

Come ricorda il portale Gay.it le "terapie di conversione" sono ancora legali non solo in Nuova Zelanda ma in gran parte dei paesi del mondo; sono state infatti messe al bando recentemente in Messico, Israele e Germania, che hanno seguito quanto fatto in precedenza da Malta, Ecuador, Brasile e Taiwan. In Italia, purtroppo, non esiste ancora una legge che le consideri illegali e una proposta presentata dall'ex presidente di Arcigay Sergio Lo Giudice e da  17 senatori nel 2016 non è ancora mai stata discussa dal Parlamento: "Qualcuno – ha spiegato mesi fa a Gay.it Gianmarco Capogna, esponente di Possibile – pensa ai campi di conversione americani e all’elettroshock, ma c’è un ampio spettro di pratiche più subdole che non arrivano a quel livello, ma giocano su fede e senso di colpa, che agiscono a livello psicologico e sono più difficili da far emergere". In attesa di una legge nazionale, in Italia le "terapie di conversione" sono state vietate dal Consiglio nazionale dell’Ordine degli psicologi e dalla Società italiana di psicologia.

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