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Dopo 10 anni di indagini in un documentario il più grande coming out nella Chiesa cattolica tedesca

In un documentario di 60 minuti mandato in onda dalla televisione pubblica ARD almeno 100 dipendenti della Chiesa cattolica tedesca hanno fatto coming out denunciando discriminazioni e intimidazioni. “La nostra sessualità usata come strumento di ricatto”. I dipendenti rischiano di perdere il lavoro.
A cura di Gabriella Mazzeo
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Almeno 100 persone che lavorano a vario titolo per la Chiesa cattolica hanno fatto coming out in un documentario tedesco trasmesso sulla televisione pubblica ARD il 24 gennaio. L'esposizione pubblica potrebbe portare queste persone al licenziamento. La misura sarebbe legittima secondo la Costituzione tedesca che garantisce autonomia alla Chiesa Cattolica. Altre 125 persone che collaborano con la chiesa hanno lanciato l'iniziativa #OutInChurch proprio durante la messa in onda del documentario per chiedere la fine delle discriminazioni nell'ambito religioso contro le persone LGBTQ+.

Si tratta, secondo i giornali tedeschi, del più grande coming out mai avvenuto nella storia della Chiesa cattolica. Il documentario dura 60 minuti ed è stato realizzato dal giornalista investigativo Hajo Seppelt dopo 10 anni di indagini insieme a Katharina Kühn, Peter Wozny e Marc Rosenthal. Si espongono sacerdoti, funzionari amministrativi, dipendenti di varie diocesi, insegnanti, educatori, assistenti sociali o professionisti del settore medico che lavorano per la Chiesa cattolica tedesca. Nel documentario hanno raccontato la loro storia e le loro doppie vite, esponendo un sistema basato su intimidazioni, minacce e paura.

I dipendenti delle istituzioni cattoliche infatti sono sottoposti a un diritto del lavoro speciale stabilito proprio dalla Chiesa. Firmando il contratto di lavoro, le persone devono sottostare a dei "doveri di lealtà" impegnandosi a vivere "secondo i principi della fede e della morale cattolica", compreso quello che riconosce esclusivamente i legami eterosessuali. Le relazioni di qualunque altro tipo sono "contrarie ai principi della Chiesa" e di conseguenza rappresentano secondo queste regole un motivo valido per il licenziamento.

I dipendenti che hanno fatto coming out hanno raccontato di vivere costantemente nella paura di essere scoperti e perdere il lavoro. Molti hanno spiegato di aver scelto di restare all'interno del sistema religioso per provare a cambiarlo dall'interno anche tramite questa azione collettiva. "Siamo qui proprio come Dio ci ha creati" hanno detto. Sono tante le storie raccolte in 60 minuti di trasmissione.

La prima è quella di Jens Ehebrecht-Zumsand, insegnante di religione di 50 anni. Lavorava per l'Arcidiocesi di Amburgo. Quando gli è stato proposto un trasferimento che lui non desiderava, i suoi superiori hanno usato il suo orientamento sessuale per minacciarlo e costringerlo ad accettare la decisione. Un sì a quel trasferimento per non perdere il lavoro. "Così farai quello che ci aspettiamo da te" gli hanno detto.

Carla Bieling è stata costretta a lasciare il suo posto di referente per i giovani cattolici nell'arcidiocesi di Paderbon, nella Renania Settentrionale-Vestfalia, perché sposata con una donna. I suoi superiori le avevano prospettato l'ipotesi di sciogliere l'unione per non perdere il lavoro. Altra testimonianza è quella di Ralf Klein, prete gesuita. Per la Chiesa, ha detto, ha scelto di non avere relazioni di nessun tipo e dunque per la Chiesa dovrebbe essere irrilevante la sua omosessualità. "Spesso ho creduto di essere l'unico – ha detto -. Ma se resti in silenzio, anche gli altri tacciono".

I 125 dipendenti che hanno lanciato la campagna #OutInChurch spiegano nel manifesto pubblicato online di aver sperimentato spesso la discriminazione e l'emarginazione all'interno della Chiesa. "Il magistero della Chiesa sostiene che noi "non siamo in grado di costruire relazioni corrette" con le altre persone a causa di "tendenze oggettivamente disordinate". Alla luce delle scienze teologiche e umane, queste affermazioni non sono più accettabili o discutibili – scrivono -. In questo modo si diffama l'amore, l'orientamento, il genere e la sessualità e si dichiara priva di valore la nostra personalità. Un vero e proprio tradimento del Vangelo e della missione della Chiesa.

I 125 firmatari chiedono di poter lavorare nella Chiesa apertamente con la modifica del diritto del lavoro e l'assunzione da parte delle gerarchie ecclesiastiche della responsabilità delle sofferenze della comunità LGBT. "Facciamo il primo passo per uscire dall'ombra. Lo facciamo per noi stessi e per la comunità. Ci schieriamo con le persone esposte a stereotipi ed emarginazione" spiegano ancora nel manifesto. Numerose associazioni cattoliche, soprattutto quelle composte da donne cattoliche tedesche e giovani, hanno sostenuto e firmato l'iniziativa

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