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Boris Johnson non si arrende: raffica di dimissioni ma il primo ministro non lascia la poltrona

Boris Johnson è sempre più solo. In 44, tra membri del governo e collaboratori, hanno rassegnato le dimissioni nelle ultime ore. Ma il primo ministro britannico non intende lasciare la poltrona.
A cura di Annalisa Cangemi
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La valanga che sta travolgendo il governo di Boris Johnson è partita, inarrestabile. Nonostante la raffica di dimissioni, iniziata martedì, il primo ministro britannico non si arrende, e annuncia che non intende darla vinta alla schiera dei suoi nemici, che uno dopo l'altro in queste ore lo stanno abbandonando.

Johnson è ancora il premier del Regno Unito, ma il suo esecutivo sembra ormai scivolare su un piano inclinato, e la sua leadership scricchiola in modo sinistro. Lo conferma l'emittente britannica Sky News, ripercorrendo le ultime ore della situazione nel Regno Unito, dopo che una delegazione di ministri si è recata ieri sera a Downing Street per tentare di convincerlo a lasciare. Una fonte di alto livello del numero 10 di Downing Street, uno stretto collaboratore di Johnson, ha riferito all'emittente che il primo ministro conservatore resta "assolutamente sprezzante" e "non intende dimettersi" ma andare avanti. Sky News cita inoltre il segretario privato parlamentare di Johnson, James Duddridge, il quale ha dichiarato che il premier si sente "ottimista" e "continuerà a combattere", per portare avanti il compito che gli elettori gli hanno affidato solo due anni fa, conferendogli un "mandato colossale".

"Questi ultimi due giorni hanno tolto a Boris Johnson gran parte della sua autorevolezza, ma non ancora il suo lavoro", riassume la Bbc. Ieri per il leader conservatore è stato il giorno più duro, da quando nel 2019 fece il suo ingresso a Downing Street, con la promessa di realizzare la Brexit. Gli ultimi scandali sono stati fatali. L'ultimo in ordine di tempo, che ha mandato in frantumi il suo governo, è legato alla vicenda di Chris Pincher, nominato a febbraio vice capogruppo responsabile della disciplina parlamentare per i deputati Tory. Pincher è stato costretto a dimettersi la settimana scorsa, dopo essere stato accusato di aver palpeggiato due giovani uomini in un locale. Dopo aver negato in un primo momento, martedì Downing Street ha ammesso che Johnson era stato informato di precedenti accuse contro Pincher già nel 2019, ma che le aveva "dimenticate".

Sono più di 40 ormai i rappresentanti di gabinetto, fra cui ministri importanti, ad aver rassegnato le loro dimissioni. Dopo Sajid Javid (Salute), Rishi Sunak (il Cancelliere dello Scacchiere), ieri si è dimesso anche il Segretario per il Galles, Simon Hart. Anche Edward Argar, ministro della Sanità, si è dimesso dal suo incarico (Argar è stato il titolare della salute per tutta la durata della pandemia).

L'Attorney Heneral Suella Braverman non lo ha fatto, ma ha invitato il Premier a dimettersi, annunciando anche la sua candidatura a leader dei tories, e quindi a Premier. Il ministro Michael Gove è stato invece licenziato da Johnson, punito per aver provato a convincerlo a lasciare. Anche la ministra degli Interni Priti Patel, il ministro dell'Impresa, Kwasi Kwarteng, e dei trasporti Grant Shapps, sono fra coloro che ora chiedono a Johnson di lasciare Downing Street. Cosa può succedere adesso? Fra gli scenari possibili, oltre alla convocazione di elezioni anticipate c'è anche la possibilità di cambiare le regole per la sfiducia, introducendo la possibilità di chiederne una nuova prima di un anno.

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