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Opinioni
Il caso banca popolare di Bari

Popolare di Bari, i vertici ai dipendenti: “Convincete i clienti a non ritirare i soldi dai conti”

Seconda puntata dell’esclusiva di Fanpage.it: nell’audio di Giannelli e De Bustis, presidente e ad della Popolare di Bari si chiede ai direttori di filiale di tranquillizzare e di “irradiare ottimismo” nei confronti di correntisti e soci spaventati. Ma soprattutto nei confronti di questi ultimi, De Bustis ammette: “Dobbiamo attenuare le perdite e limitare i danni”.
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Non solo il salvataggio anticipato di tre giorni. Non solo il sostegno di Bankitalia e del governo “per ragioni strategiche altissime”. Nelle registrazioni pubblicate in esclusiva da Fanpage.it della riunione segreta di Giannelli e De Bustis col management della Banca Popolare di Bari emergono anche le pressioni che il presidente e l’amministratore delegato avrebbero esercitato sui direttori di filiale per tranquillizzare i risparmiatori e per “infondere ottimismo” ai piccoli azionisti dell’istituto di credito barese, in vista della successiva assemblea dei soci che avrebbe trasformato Bpb da cooperativa a società per azioni. Un ottimismo non giustificato dai fatti, a quanto si evince dalle parole di Giannelli e, soprattutto, di De Bustis, secondo cui “attenuare le perdite” e “limitare i danni” sarebbe già “un gran risultato”. Perché, dice, “è certo che i soldi arriveranno alla banca”, ma “questo non vuol dire che arriveranno ai soci”.

“Trasmettere ottimismo”

Andiamo con ordine, però. La crisi della Banca Popolare di Bari, lo dice chiaramente De Bustis, è una crisi di liquidità: “La banca ha una coperta corta dal punto di vista patrimoniale”, ammette nel suo discorso ai manager della banca. “Il vero disastro è il credito – aggiunge -, e la redditività è inesistente”. La paura di Giannelli e De Bustis è quella di finire come con le banche venete, con la corsa agli sportelli dei risparmiatori per ritirare il loro capitale. E con il voto contrario dei 70mila piccoli azionisti alla trasformazione in Spa dell’istituto di credito barese. Un voto contrario figlio della paura di vedere un’ulteriore perdita di valore del loro capitale a seguito del salvataggio pubblico, un rischio che a nessuno di loro era stato comunicato, al momento della sottoscrizione delle azioni. E che nessuno ha potuto evitare, in questi ultimi anni, poiché la banca li ha di fatto costretti a tenersi le loro azioni mentre il loro valore crollava. Piccolo particolare: la Bari, insieme alla Sondrio, è l’unica banca popolare in cui vige ancora il principio “una testa, un voto”. Ecco perché bisogna evitare la corsa agli sportelli. Ecco perché bisogna evitare che si diffonda il panico tra azionisti e obbligazionisti.

Ecco perché Giannelli, soprattutto, invita i direttori di filiale a “trasmettere ottimismo”, a “essere tranquilli e capaci di irradiare e diffondere tranquillità”. Un compito arduo, perché “la gente vuole essere rassicurata, la gente si preoccupa, la gente vuole sapere, che fine facciamo, i clienti vogliono sapere, che fine fanno i suoi soldi, a partire da mia madre che ogni mattina si agita per questo fatto e posso pure capire perché si agiti”. Può pure capire, Giannelli, e può pure garantire tutta la tranquillità del mondo. Ma è consapevole che la sua parola non basta, perché “se questi messaggi li hanno chiesti a me, li avranno chiesti molto di più a voi”.

Ancora una volta, l’arma di Giannelli è “il nuovo piano industriale su cui stiamo lavorando”, e soprattutto “la vicinanza della Banca d’Italia” nei confronti dell’istituto barese e dei suoi vertici e la condivisione del piano “ai più alti livelli politici e, posso dirlo, anche ai più alti vertici del governo”. Non bastasse però Giannelli ricorda anche ai direttori di filiale che “noi su questo progetto ci stiamo battendo a tutela dei dipendenti”. Tradotto: se non passa il piano, le ripercussioni occupazionali potrebbero essere devastanti. “Mi raccomando – conclude -. Se la banca regge sul piano della tensione emotiva, diventiamo ancora più forti”. Per la cronaca: oggi, a commissariamento avvenuto, si parla di circa 800-1000 esuberi su un totale di circa 3000 dipendenti. Alla faccia della tensione emotiva.

“Limitare i danni”

Se Giannelli è il poliziotto buono, De Bustis fa la parte del poliziotto cattivo, quello che dispensa bastonate anziché blandire carote. E che non nega, soprattutto, le difficoltà nel convincere i soci a votare a favore della trasformazione in società per azioni della Banca Popolare di Bari: “Sul tema dei soci questo discorso è un filo più complesso – ammette -. Noi ci troveremo nelle condizioni di gestire un assemblea che è storica per la banca. I soci sono molto dispiaciuti perché hanno perso oltre il 90% dei loro investimenti”. Ricorda, De Bustis, che anche gli azionisti di banche grandi come Unicredit hanno perso buona parte del capitale investito “ma lì non ci possono essere dispiacenze, perché se gli azionisti di UniCredit potevano vendere in Borsa i loro titoli, gli azionisti della Bari “sono rimasti incatenati alle loro perdite”. E già solo “attenuare le perdite”, per De Bustis, sarebbe un “gran risultato”, perché “è certo che i soldi arriveranno alla banca”, mentre “come riusciamo a dimensionare le concretezze per i soci (ridurre le perdite, ndr) ancora non è certo”.

Sa benissimo, De Bustis, che qualcosa andrà loro corrisposto, e lui e Giannelli, rivendica, stanno “cercando di difendere le loro ragioni patrimoniali fino alla fine”. Purtroppo, aggiunge, “ci troviamo nella situazione per cui se vai svalutazioni distruggi patrimonio: è un equazione semplice. Dobbiamo trovare il modo di limitare i danni”, ammette, alla faccia dell’ottimismo e della tranquillità. Anche in questo caso, tuttavia, l’auspicio in una soluzione positiva si fonda sulla speranza che la politica arrivi in soccorso: “Nei casi di Banca Etruria e delle banche venete per azionisti e obbligazionisti non c’è stato niente – spiega – e le autorità non vogliono ripetere gli errori del passato”. “Girate tutti insieme la pagina e godetevi il futuro – conclude – però metteteci le palle”. Tradotto: vendete tranquillità e ottimismo ai risparmiatori e ai correntisti, altrimenti saranno guai.

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Francesco Cancellato è direttore responsabile del giornale online Fanpage.it. Dal dicembre 2014 al settembre 2019 è stato direttore del quotidiano online Linkiesta.it. È autore di “Fattore G. Perché i tedeschi hanno ragione” (UBE, 2016), “Né sfruttati né bamboccioni. Risolvere la questione generazionale per salvare l’Italia” (Egea, 2018) e “Il Muro. 15 storie dalla fine della guerra fredda” (Egea, 2019)
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