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La crisi delle attività commerciali: 77mila negozi in meno dal 2012 al 2020, le città si svuotano

Un’analisi dell’Ufficio studio di Confcommercio sulla ‘Demografia d’impresa nelle città italiane’ evidenzia il fenomeno che è stato definito come la “desertificazione commerciale”: dal 2012 al 2020 in Italia si sono persi 77mila negozi, con un calo marcato sia nel commercio al dettaglio che in quello ambulante.
A cura di Stefano Rizzuti
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In Italia sono scomparsi 77mila negozi in soli 8 anni: dal 2012 al 2020. A rilevarlo è un’analisi dell’Ufficio studio di Confcommercio sulla ‘Demografia d’impresa nelle città italiane’. Nello studio si parla di “desertificazione commerciale”, un fenomeno che ha portato alla scomparsa di 77mila attività di commercio al dettaglio, con un calo del 14% sul totale. A queste si aggiungono 14mila imprese di commercio ambulante (-14,8%). Non solo, perché il problema viene acuito dal Coronavirus e dall’emergenza sanitaria ed economia: nel 2021, infatti, si prevede che solamente considerando i centri storici dei 110 capoluoghi di provincia e altre 10 città di media ampiezza, si registrerà per la prima volta negli ultimi due decenni anche la perdita di un quarto delle imprese di alloggio e ristorazione (-24,9%), a cui aggiungere anche il netto calo per il commercio al dettaglio: -17,1%.

Ad aumentare in questi anni sono state le imprese straniere, con una diminuzione di quelle italiane. Il Sud è l’area geografica più colpita dal calo delle attività e perde soprattutto gli ambulanti, anche se fa registrare una crescita maggiore per alberghi, bar e ristoranti. Per quanto riguarda il settore del commercio a livello nazionale, tiene l’alimentare (-2,6% in otto anni), così come la categoria dei bisogni primari, per esempio per la tabaccheria (-2,3%). A cambiare sono state le tipologie dei consumi: la tecnologia e le comunicazioni sono cresciute del 18,9%, così come le spese in farmacia (+19,7%). In netto calo, invece, l’abbigliamento (-17%), libri e giocattoli (-25,3%), mobili e ferramenta (-27,1%) e le pompe di benzina (-33%). Un aumento considerevole si registra per gli alberghi (+46,9%) e i pubblici esercizi (+10%), ma per loro il futuro è quantomeno incerto a causa dell’emergenza in corso.

Il commercio elettronico acquista un ruolo sempre più centrale, con un valore superiore ai 30 miliardi di euro. Ma nel 2020 si registra un lieve calo, del 2,6%, rispetto al 2019. Si riscontra un boom per i beni, anche quelli alimentari, con un incremento del 30,7%. Ma, allo stesso tempo, crollano i servizi acquistati: -46,9%. Questi dati, spiega Confcommercio, portano a ridisegnare le città, con il rischio “di non riavere i nostri centri storici come li abbiamo visti e vissuti prima della pandemia”. Il che significa anche una “minore qualità della vita dei residenti e minore appeal turistico”.

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