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Rinunzia tacita del legittimario all’azione di riduzione

La Cassazione del 5.1.2018 n. 168 ha affermato che il godimento del legittimario leso di beni assegnati per testamento non può in alcun modo essere ritenuta una condotta idonea a concretare una rinuncia tacita alla tutela delle ragioni successorie (o all’azione di riduzione), ove il comportamento de quo non si accompagni ad una manifestazione di volontà espressa ovvero per facta concludentia, che consentano di ravvisare effettivamente una volontà abdicativa del legittimario all’azione di riduzione.
A cura di Paolo Giuliano
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La rinunzia ad un diritto o a un credito

L'atto di rinunzia permette di estinguere un diritto (disponibile) del soggetto che effettua la rinunzia oppure permette di estinguere un credito pecuniario.

Colui che effettua la rinunzia deve essere il titolare del diritto od el credito che vuole estinguere (nulla esclude che la rinunzia possa essere effettuata tramite un rappresentante).

Si tratta di un atto unilaterale (che richiede solo la manifestazione di volontà del rinunziante) recettizio, nel senso che per produrre effetto deve essere portata a conoscenza del debitore.

La rinunzia a diritti reali su beni immobili deve avere la forma scritta, mentre la rinunzia ad altri diritti (ad esempio la rinunzia al diritto di richiedere la riduzione di una disposizione testamentaria lesiva della quota del legittimario) ha forma libera e può anche risultare in modo implicito attraverso comportamenti o atti incompatibili con la volontà di esercitare un determinato diritto.

La lesione della quota del legittimario

Può capitare che un determinato testamento leda la quota che spetta da un legittimario. In queste situazioni il testamento (anche se lesivo della quota del legittimario)  è valido, ma il legittimario ha diritto ad esercitare l'azione di riduzione delle disposizioni lesive.

Si tratta di una scelta esclusiva del legittimario, infatti, il diritto all'integrazione economica della quota del legittimario è un diritto disponibile del medesimo legittimario ed è un diritto potestativo del legittimario, per cui il legittimario leso può anche decidere di restare inerte rispetto le disposizioni testamentarie anche se lesive della sua quota.

Rinunzia espressa o tacita del legittimario all'azione di riduzione

Posto che l'esercizio (o meno) dell'azione di riduzione è una libera scelta del legittimario si ripete, è un diritto potestativo del legittimario (che potrebbe anche non esercitare per una serie infinita di motivi), occorre solo chiedersi se la rinunzia all'azione di riduzione deve essere espressa (cioè formale) oppure può essere anche tacita (e provata tramite comportamenti incompatibili con la volontà di esercitare l'azione di riduzione)

Sul punto il principio  da seguire è il seguente: il diritto, patrimoniale (e perciò disponibile) e potestativo, del legittimario di agire per la riduzione delle disposizioni testamentarie lesive della sua quota di riserva, dopo l'apertura della successione, è rinunciabile anche tacitamente, sempre che detta rinuncia sia inequivocabile, occorrendo a tal fine un comportamento concludente del soggetto interessato che sia incompatibile con la volontà di far valere il diritto alla reintegrazione.

Quando l'inerzia del legittimario costituisce rinunzia tacita all'azione di riduzione delle disposizioni lesive

Di conseguenza in presenza di un inerzia del legittimario ad esercitare l'azione di riduzione occorre valutare quando l'inerzia rappresenta un comportamento può considerarsi come una rinunzia (tacita)  all'esercizio dell'azione di riduzione e, quindi, quando sussiste una acquiescenza alle disposizioni testamentarie che, anche se lesive della quota del legittimario, non sono più contestabili.

Esecuzione spontanea delle disposizioni testamentarie

Nell'individuazione dei comportamenti che possono rappresentare una rinunzia tacita all'azione di riduzione del legittimario ci si è chiesti se l'esecuzione spontanea delle disposizioni testamentarie o l'esecuzione di disposizioni testamentarie nulle può essere considerato come rinunzia tacita all'azione di riduzione.

La costataste giurisprudenza di legittimità che ha avuto modo di affermare che  la conferma della disposizione testamentaria o la volontaria esecuzione di essa non opera rispetto alle disposizioni lesive della legittima, in quanto gli effetti convalidativi di cui all'art 590 cod civ si riferiscono alle disposizioni testamentarie nulle, mentre tali non sono quelle lesive della legittima, essendo soltanto soggette a riduzione (cioe, suscettibili di essere dichiarate inefficaci nei limiti in cui sia necessario per integrare la quota di riserva).

Pertanto, l'esecuzione volontaria di per sé non preclude al legittimario l'azione di riduzione, salvo che egli abbia manifestato anche tacitamente la volontà di rinunziare all'integrazione della legittima, potendosi però desumersi l'esistenza di una rinunzia tacita attraverso un complesso di elementi concordanti da cui emerga che la parte interessata abbia avuto la consapevolezza dell'esorbitanza della disposizione testamentaria dai limiti della porzione disponibile e tuttavia abbia eseguito integralmente la disposizione medesima.

Eventuale godimento dei beni lasciati al legittimario leso

Il legittimario leso può essere totalmente leso (nel senso che non ha ricevuto nulla dalla successione c.d. legittimario totalmente pretermesso) oppure è possibile che il legittimario non sia integralmente pretermesso, (cioè è possibile che abbia ricevuto qualcosa dalla successione anche se meno del dovuto secondo legge), in questa situazione.

  • da un lato, il legittimario ha il diritto all'integrale soddisfacimento della riserva deve essere attuato mediante il riconoscimento, secondo le modalità previste dalla legge in tema di azione di riduzione, di una quantità di beni ovvero del loro controvalore economico in misura tale da perequare quanto già ricevuto con l'ammontare della quota di riserva;
  • dall'altro, l'avere goduto di beni già assegnati per testamento, e che per legge sono destinati a comporre la sua quota di riserva, comunque necessitante delle dovute integrazioni, non può in alcun modo essere ritenuta una condotta idonea a concretare una rinuncia tacita alla tutela delle ragioni successorie, ove il comportamento de quo non si accompagni ad altre manifestazioni di volontà espressa ovvero per facta concludentia, che consentano di ravvisare effettivamente una volontà abdicativa del legittimario.

Accettazione dei legati

Può capitare che al legittimario leso (totalmente o parzialmente) non riceva nessun bene come erede, ma potrebbe ricevere dei legati, in questa situazione occorre valutare se la mancata rinunzia ai legati (oppure l'acquiescenza ai legati) può essere considerata come una rinunzia tacita all'azione di riduzione oppure una spontanea esecuzione delle disposizioni testamentarie.

L'acquisto del legato non può essere considerato come una tacita rinunzia all'azione di riduzione, per il semplice motivo che  i legati si acquistano di diritto, (senza nessun intervento del soggetto beneficiato del legato) così che il conseguimento degli stessi non può essere valutato alla stregua di una spontanea esecuzione delle disposizioni testamentarie (trattandosi di condotta equivoca e non chiaramente diretta alla rinunzia all'azione di riduzione).

Cass., civ. sez. II, del 5 gennaio 2018, n. 168

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Avvocato, Foro di Napoli, specializzazione Sspl conseguita presso l'Università “Federico II”; Mediatore professionista; Autore di numerose pubblicazioni in materia di diritti reali, obbligazioni, contratti, successioni. E' possibile contattarlo scrivendo a diritto@fanpage.it.
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