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Opinioni

Dietro il Congresso delle Famiglie gli oligarchi sovranisti amici di Putin e della Lega

Oligarchi vicino a Putin, uomini di raccordo tra la Lega di Matteo Salvini e il fronte sovranista russo. Dietro il Congresso delle Famiglie in programma a Verona tra il 29 e il 31 marzo si muovono uomini e nomi che vanno da Mosca all’Italia, e la cui visione del mondo si può riassumere in tre parole: “Identità, Sovranità, Tradizione”.
A cura di Stefano Vergine
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Si presenta come un convegno sulla famiglia tradizionale, una kermesse dedicata a un tema etico. Sotto la superficie, però, il World Congress of Families – in programma a Verona dal 29 al 31 di marzo – nasconde un obiettivo politico molto più ambizioso: il ritorno ai nazionalismi, l'indebolimento dell'Unione europea per come la conosciamo oggi. Una finalità che unisce idealmente Vladimir Putin a Matteo Salvini. E che trova parecchi riscontri concreti. Per rendersene conto bisogna collegare i punti, i personaggi. Partendo da un uomo che il leader leghista conosce bene. Si chiama Alexey Komov ed è il rappresentante del World Congress of Families in Russia.

Komov era presente il 15 dicembre del 2013, a Torino, durante l'incoronazione di Salvini a segretario del partito. Una presenza molto significativa. In Russia Komov è infatti a capo di una rete di associazioni e fondazioni tradizionaliste. Ha creato, per esempio, il fondo San Bonifacio, nel cui consiglio d'amministrazione sono presenti alcuni esponenti di Russia Unita, il partito di Putin. Oltre a rappresentare le istanze cristiane più conservatrici, Komov lavora per Konstantin Malofeev alla fondazione San Basilio. Oligarca classe 1974, Malofeev è un finanziere che ha iniziato la carriera lavorando per alcune banche russe, poi nel 2005 ha fondato la Marshall Capital, diventata oggi una delle principali società di investimento del Paese.

Malofeev non è solo uno dei tanti paperoni locali. È un fedelissimo di Putin sospettato da Stati Uniti e Unione europea di aver finanziato la conquista della Crimea e la guerra nel Donbass, motivo per cui il Tesoro statunitense e il Consiglio d’Europa lo hanno inserito nella black list. È accusato anche di aver avuto un ruolo attivo nei rapporti finanziari tra il Cremlino e i francesi del Front National. Come rivelato dalla testata «Mediapart» nel 2015, il miliardario moscovita avrebbe infatti contribuito ad agevolare il prestito da 9 milioni di euro ottenuto dal partito di Marine Le Pen tramite una banca controllata da Mosca (la First Czech Russian Bank) e un altro di 2 milioni da una società cipriota (la Vernonsia Holdings).

Per questo non colpisce ritrovare il nome di Malofeev nella trattativa per finanziare la Lega con denaro russo, una storia che insieme a Giovanni Tizian abbiamo raccontato dettagliatamente ne “Il Libro Nero della Lega”, edito da Laterza. Al centro della trattativa c'è Gianluca Savoini, leghista che si presenta ai media come il coordinatore degli «incontri di Matteo Salvini con gli ambienti russi». Che c'entra Malofeev in tutto questo? C'entra, perché nel luglio dell'anno scorso Savoini era in contatto con una società petrolifera collegata a Malofeev. Si chiama Avangard oil & gas e non compare nei registri commerciali ufficiali. La sede si trova però a Mosca, al civico 31 di Novinsky Boulevard, dove sono registrate due imprese che fanno capo a Malofeev: Tsargrad, un’azienda editoriale, e Marshall Capital, il fondo d’investimento dell’oligarca. Nello stesso interno, il numero 1, ha sede appunto la Avangard oil & gas. Il 24 luglio del 2018 Savoini ha inviato un'offerta commerciale al direttore generale della Avangard, Alexey Mustafinov. Oggetto: la compravendita di un grosso quantitativo di gasolio. Lo stesso affare che Savoini stava trattando tre mesi dopo, il 18 ottobre all'Hotel Metropol di Mosca.

Quel giorno Savoini era seduto nella hall dell’albergo insieme a due italiani e tre russi. Un incontro introdotto proprio dal consigliere di Salvini con queste parole: «La nuova Europa dev’essere vicina alla Russia, non dobbiamo più dipendere dalle decisioni di illuminati a Bruxelles o in Usa». Un normale discorso politico, non fosse che subito dopo Savoini ha aggiunto: «Adesso lascio la parola ai nostri partner tecnici per continuare la discussione». È seguendo le parole dei «nostri partner tecnici» che emerge l'obiettivo della trattativa: finanziare la Lega in vista della campagna elettorale per le elezioni europee di maggio. Con un escamotage: una compravendita di gasolio, 3 milioni di tonnellate metriche, vendute dalla russa Rosneft all'italiana Eni attraverso una banca europea non meglio specificata. Il tutto con uno sconto del 4 per cento sul prezzo di mercato. Sconto del quale, alla fine, avrebbe dovuto beneficiare la Lega.

Questo è quanto si sono detti i presenti quel 18 ottobre all'Hotel Metropol. E questo è il contesto in cui si muove Savoini, l'uomo di Salvini a Mosca, fondatore in Italia di Lombardia-Russia. Un'associazione no profit che online si presenta così: «organizzazione culturale apartitica ma con idee molto precise che combaciano pienamente con la visione del mondo enunciata dal Presidente della Federazione Russa nel corso del meeting di Valdai 2013 e che si possono riassumere in tre parole: Identità, Sovranità, Tradizione». Chi è il presidente onorario di Lombardia-Russia? Alexsey Komov, proprio lui, il rappresentante russo del World Congress of Families. Insomma, il legame tra Komov e il vicepremier italiano va ben oltre il convegno di Verona sulla famiglia tradizionale. Passa per Savoini, l'uomo di Salvini a Mosca. E arriva fino Malofeev, uno degli oligarchi considerati più vicini a Putin.

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