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Perché riaprire le librerie è sbagliato: da Nord a Sud scatta la ribellione dei librai

Dal Nord al Sud del Paese il provvedimento di riapertura delle librerie dal 14 aprile fa discutere. Nonostante sia stato salutato con favore dal ministro Franceschini, tra ordinanze regionali più restrittive, punti vendita che resteranno chiusi e contestazioni dei librai, al via la riapertura di un settore nel caos e abbandonato da anni.
A cura di Redazione Cultura
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C'è la libreria di catena, ma anche quella indipendente. Dal nord al sud del Paese, senza distinzioni, sono in tante le librerie a dire no alla riapertura del 14 aprile. Il provvedimento del governo con cui i librai su tutto il territorio nazionale riapriranno, tranne in quelle regioni dove i governatori locali hanno deciso con un'ordinanza di impedirlo (anche qui da nord a sud, dalla Lombardia alla Campania) arriva al via tra molte contestazioni, riaperture singole e nuove serrate. Eppure il ministro Dario Franceschini aveva salutato come una conquista e il riconoscimento del libro come un bene essenziale:

Tuttavia per molti librai la riapertura è un errore. Innanzitutto per ragioni di sicurezza ("non vogliamo essere cavie", dicono i più) e poi per ragioni economiche (aprendo le librerie perderebbero i benefici della cassa integrazione, oltre a trovarsi nella paradossale situazione di essere aperti in un mercato vuoto). Da Nord a Sud la rete dei librai ribelli è nutrita e non la manda a dire, dai social o direttamente interpellati da Fanpage.it. Cristina Di Canio de La Scatola Lilla di via Sannio, a Milano, per esempio, una delle librerie indipendenti più attive sul territorio evidenzia entrambi i problemi:

Onestamente, prima dell’anima, vorrei tutelare il corpo. Ma mi spiegate per chi dovrei aprire che dobbiamo stare chiusi in casa? Perché i libri improvvisamente sono diventati vitali? Ottimo, li consegniamo noi a casa. Nessuno resterà senza storie; ma sostenere che oggi un negozio in città deserte debba rimanere aperto lo trovo folle. Ferma 10 ore a guardare la porta, a sperare che entrino 2 persone, quando posso essere io a consegnare in sicurezza. Una sola persona si sposta in giro per la città piuttosto che 10 o 20. Non ci è stato detto di evitare qualsiasi spostamento non necessario?

La questione delle consegne a domicilio è uno dei punti nevralgici della questione, che meriterebbe un maggior approfondimento da parte del governo, se intende davvero sostenere il mondo della cultura e dei libri, non relegandolo a un ruolo meramente simbolico. Nonostante le lodevoli iniziative messa in campo da LibriDaAsporto e altre, infatti, nessuna discussione sul futuro dei libri può evitare un serio confronto su come rendere competitive le librerie nelle consegne a domicilio contro i grandi colossi del web. Punto che anche la lettera aperta, frutto del lavoro collettivo di discussione e confronto sviluppato all’interno del gruppo LED – Librai Editori Distribuzione in rete, ha indicato come prioritario:

Perché non creare un fondo nazionale o una partnership con i servizi postali, simile nella premessa alle iniziative attualmente sostenute dal contributo libero degli editori, ma su finanziamento statale, per aiutare le librerie a sostenere la gestione economica delle forme alternative di vendita attualmente in atto (spedizioni fuori città, spedizioni a domicilio ecc.)?

Spostandoci a Sud, invece, Maria Carmela e Angelica Sciacca della libreria Vicolo Stretto/Legatoria Prampolini di Catania, libraie e attiviste che dei loro due punti vendita hanno fatto in questi anni un punto di riferimento non solo per i lettori catanesi, ma per editori e scrittori a livello nazionale, oltre che per il loro impegno civile accanto a Emergency, stanno valutando la se e quando riaprire perché:

Vanno riorganizzati e sanificati gli spazi, bisogna valutare costi e benefici e questo non si fa in un paio di giorni. È probabile che le entrate derivanti dalla riapertura sarebbero così basse da costringerci a lavorare in perdita, rispetto ai costi fissi della nostra libreria. Ma c'è anche un altro motivo, forse il più importante: che senso avrebbe aprire una realtà come la nostra, che non è un supermercato, dove la gente entra, compra e se ne va, senza poter concedere ai nostri lettori la possibilità di attardarsi, sfogliare, discutere tra noi? In ogni caso, manterremo il servizio a domicilio gratuito in collaborazione con #libridaasporto che continuerà ad essere la vera soluzione a questa emergenza sanitaria per i librai e la loro comunità di lettori e lettrici.

Insomma, a quanto pare se il libro rappresenta davvero un bene essenziale, come sostiene il ministro Dario Franceschini, resta un bene essenziale "speciale" da maneggiare con cura. E che probabilmente, sembrano dirci le contestazioni dei librai al provvedimento governativo che proroga il lockdown al 3 maggio ma riapre le librerie dal 14 aprile, meriterebbe di essere sostenuto con iniziative di carattere sistemico, che coinvolgono tutta la filiera editoriale già in crisi da tempo. Molto meno attraverso iniziative spot che rischino di mettere a repentaglio ulteriormente salute ed economia.

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