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Il “Candide” di Ravenhill/Arcuri: un viaggio dal ‘700 alla crisi dell’Europa

In scena al Teatro Mercadante di Napoli la riscrittura del “Candide” di Voltarie firmata dal drammaturgo inglese Mark Ravenhill, uno dei più importanti autori contemporanei, con la regia di Fabrizio Arcuri. Uno spettacolo che ripercorre più di tre secoli, dal ‘700 ad oggi, per indagare i problemi dell’Occidente e della sua crisi ideologica e politica.
A cura di Andrea Esposito
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Siamo andati al Teatro Mercadante di Napoli per vedere “Candide”, una riscrittura ispirata all’originale di Voltaire firmata dal drammaturgo inglese Mark Ravenhill, uno dei più importanti autori contemporanei. La messinscena è del regista Fabrizio Arcuri, già direttore artistico dell’Accademia degli Artefatti e animatore del festival romano “Short Theatre”. Lo spettacolo è una produzione del Teatro di Roma, dove ha debuttato la scorsa settimana, ed è realizzato in collaborazione con il Centro Teatrale Santacristina.

Il testo di Ravenhill, scritto appena tre anni fa, è un’indagine sul nostro tempo che si serve dell’originale di Voltaire come canovaccio, uno schema, per interrogare il concetto stesso di Occidente e la sua crisi ideologica e politica. Il tutto con un raffinato e complesso gioco teatrale suggerito nel testo non da note o descrizioni di ambienti, ma dal linguaggio con cui i personaggi si esprimono, dai registri che via via utilizzano. Diviso in cinque atti “Candide” attraversa i secoli partendo dal ‘700, e quindi dal tempo dell’originale, per arrivare a un futuro indefinito dove le contraddizioni del presente (nostro) esplodono in una sorta di tragica farsa, spietata e implacabile, in cui le due storie che corrono parallele lungo i primi quattro atti si incontrano nel quinto. C’è da dire che questo testo è davvero molto ostico, pur nella sua sofisticata bellezza, e probabilmente la versione inglese risulta un tantino più asciutta di quella italiana. Non deve essere stata affatto un’impresa facile per il traduttore Pieraldo Girotto riuscire a dare fluidità ai dialoghi originali così come per gli attori in scena, tutti molto bravi, che sono anche costretti, nonostante siano ben undici, a interpretare più personaggi. Insomma un’impresa sia artistica che produttiva davvero ambiziosa. Ed è per questo che da osservatori bisogna esigere il massimo.

Parlando della messinscena di Arcuri la sua chiave, in accordo con un testo così ricco, è l’abbondanza di elementi, l’accumulo, la saturazione: un apparato scenografico tanto imponente quanto ridondante, tante luci dentro e fuori la scena e i costumi sontuosi e colorati. Ecco, se come hanno scritto anche altri commentatori e come lo stesso regista sottolinea, l’intenzione dello spettacolo è politica – aspetto che peraltro è centrale nel teatro di Arcuri e nei testi di Ravenhill -, forse una messinscena così fastosa finisce col distrarre troppo lo spettatore. Quest’ultimo se la deve vedere, infatti, con dei dialoghi intensi e a più voci in cui si mescolano sia i registri linguistici che quelli interpretativi. La prima ora e mezza, ad esempio, è tutta impostata su una recitazione volutamente enfatica e declamatoria che unita agli altri elementi in scena, alle riflessioni ficcanti e taglienti del testo, alle battute sagaci e fulminanti, alla lunga durata complessiva, crea non poca confusione e non trova una sua sintesi. Si fa molta fatica a stare dietro a tutto e il discorso "politico" sfuma, si disperde.

Inoltre, nella versione napoletana dello spettacolo, questa densità, questa concentrazione di segni risulta essere ancor più enfatizzata dalle ridotte dimensioni del palcoscenico rispetto a quello romano dove lo spettacolo è nato. Anche per quanto riguarda i costumi, firmati dallo stesso regista, forse si poteva calcare un po' meno la mano. A qualcosa si poteva e doveva rinunciare. Ecco, forse il problema di questo “Candide” non sta in questo o quell’aspetto, ma nel suo non voler rinunciare a niente. Ricapitolando: testo ricco, duro e complesso, un cast di undici attori più una musicista cantante in scena (la splendida e bravissima H.E.R.), scene e costumi di cui abbiamo già detto, una durata notevole… ci vuole davvero un fisico bestiale! In definitiva, "Candide" è uno di quegli spettacoli che promette di essere un capolavoro, ma poi non lo è e ci resti male. Peccato. Bravi, ma alla prossima.

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