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Giornata Mondiale della Poesia. Da Hikmet a Alda Merini: i versi indimenticabili

Il 21 marzo è la Giornata Mondiale della Poesia. La poesia porta con sé, etimologicamente, il significato più puro legato all’arte, quello della “creazione”: un mezzo espressivo in cui l’uomo ha sempre racchiuso i dubbi ancestrali, le sicurezze momentanee, e reso immortali i momenti di gioia così come quelli di sconfitta. Da Nazim Hikmet a Alda Merini, passando per Pasolini, ecco le cinque poesie più belle della letteratura moderna e contemporanea.
A cura di Federica D'Alfonso
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Alda Merini (1931-2009)
Alda Merini (1931-2009)

Ogni 21 marzo dal 2000 in tutto il mondo si celebra la Giornata Mondiale della Poesia. Istituita dall'Unesco, la giornata coincide con il primo giorno di primavera, e in un certo senso vuole simboleggiare anche la riscoperta e la rinascita all’espressione poetica. La poesia porta con sé, etimologicamente, il significato più puro legato all'arte, quello della "creazione" (‘poiesis' in greco antico vuol dire appunto "creare dal nulla"): un'espressione profondamente legata anche alla musica, in l'uomo ha sempre racchiuso i dubbi ancestrali, le sicurezze momentanee e reso immortali i momenti di gioia così come quelli di sconfitta. In occasione della Giornata dedicata a questa grande arte, ecco cinque poesie fra le più belle della letteratura moderna e contemporanea.

1. “Addormentarsi adesso”, di Nazim Hikmet

Hikmet è considerato uno dei più importanti poeti turchi della modernità. Le sue costanti attività contro il regime, le sue idee comuniste e le sue iniziative internazionali anti-naziste e anti-franchiste gli causarono una lunga serie di arresti, e fu solo grazie all'intervento di una commissione internazionale composta tra gli altri da Pablo Picasso, Pablo Neruda e Jean-Paul Sartre che nel 1950 venne scarcerato dopo anni di dura prigione. Una poesia, la sua, d'amore e di lotta al tempo stesso, in cui la passione e il fervore politico sono diventano il corrispettivo esteriore di un'anima interiormente lacerata dall'inquietudine del sentimento.

"Addormentarsi adesso

svegliarsi tra cento anni, amor mio…"

"No, non sono un disertore.

(…) Non ho mai rimpianto d’esser venuto al mondo troppo presto

sono del ventesimo secolo e ne son fiero.

Mi basta esser là dove sono, tra i nostri,

e battermi per un mondo nuovo…"

"Tra cento anni, amor mio…"

"No, prima e malgrado tutto".

2. “Nella moltitudine”, Wislawa Szymborska

Sono quella che sono.

Un caso inconcepibile

come ogni caso.

(…) Potevo essere qualcunomolto meno a parte.

Poteva non essermi dato

Il ricordo dei momenti lieti.

Poteva essermi tolta

L’inclinazione a confrontare.

Potevo essere me stessa – ma senza stupore,

e ciò vorrebbe dire

qualcuno di totalmente diverso.

Premiata con il Nobel nel 1996, la Szymborska è considerata la più importante poetessa polacca degli ultimi decenni, oltre ad essere una delle voci più amate dal pubblico. "Sono, ma non devo esserlo, una figlia del secolo", diceva. Negli anni quaranta la pubblicazione del suo primo volume di poesie venne rifiutata, perché "non possedeva i requisiti socialisti". Szymborska usa il verso libero, e le sue opere sono contraddistinte, dal punto di vista linguistico, da una grande semplicità.

3. “Il pianto della scavatrice”, Pier Paolo Pasolini

Solo l'amare, solo il conoscere

conta, non l'aver amato, non l'aver conosciuto.

Dà angoscia il vivere di un consumato amore.

L'anima non cresce più.

“Le ceneri di Gramsci” è probabilmente la raccolta di poesie più famosa di Pier Paolo Pasolini: pubblicata nel 1957, raccoglie gli scritti tra il 1951 e il 1956. Protagonista delle Ceneri è la nuova realtà storica del sottoproletariato romano, che il poeta rappresenta in modo ostinatamente realista: il tema centrale è l'alternarsi di speranza e disperazione che alla fine, nel Pianto della scavatrice, diventa accettazione dolorosa delle ferite provocate dai cambiamenti. Nel lungo poemetto, che apparve nel 1957 sulla rivista "Il Contemporaneo", Pasolini ricorda i primi tempi del suo esilio dopo la fuga dal Friuli, rimpiangendo quei momenti di vita e la scavatrice diviene il simbolo della vecchia realtà che scompare e che piange di fronte a un mondo che si rinnova.

4. “Oh Capitano, mio capitano!”, Walt Whitman

"In Whitman tutto il mondo americano prende vita, il passato e il futuro, la nascita e la morte. Tutto quel che c'è di valido in America, l'ha espresso Whitman, e non c'è altro da dire". Considerato "il primo e l'ultimo poeta", Whitman credeva che esistesse un saldo, vitale rapporto simbolico fra il poeta e la società, e non a caso è divenuto il cantore per eccellenza del sogno americano: la celeberrima “Oh Capitano, mio Capitano!”, divenuta famosa anche grazie al film "L'attimo fuggente” interpretato da Robin Williams, venne scritta dopo l'assassinio di Abraham Lincoln.

O Capitano! Mio Capitano! Il nostro viaggio tremendo è terminato,
la nave ha superato ogni ostacolo, l'ambìto premio è conquistato,
vicino è il porto, odo le campane, tutto il popolo esulta,
occhi seguono l'invitto scafo, la nave arcigna e intrepida;
ma o cuore! Cuore! Cuore!
O gocce rosse di sangue,
là sul ponte dove giace il Capitano,
caduto, gelido, morto.

5. “La terra santa”, Alda Merini

Alda Merini è è forse una delle maggiori poetesse italiane contemporanee. Dopo la pubblicazione della raccolta di versi Tu sei Pietro, nel 1962, inizia per lei un difficile periodo di silenzio e di isolamento dovuto all'internamento al "Paolo Pini": una vita vissuta fra periodi di salute e malattia, dovuti ad un grave disturbo bipolare. Nel 1979 la Merini ritorna a scrivere, con testi intensi sulla drammatica e sconvolgente esperienza dell'ospedale psichiatrico, testi contenuti in quello che può essere inteso il suo capolavoro: La Terra Santa, con la quale vincerà nel 1993 il Premio Librex Montale.

Ho conosciuto Gerico,

ho avuto anch'io la mia Palestina,

le mura del manicomio

erano le mura di Gerico

e una pozza di acqua infettata

ci ha battezzati tutti.

(…) E, dopo, quando amavamo,

ci facevano gli elettrochoc

perchè, dicevano, un pazzo

non può amare nessuno.

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