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Anita Dadà e Miss Stress, dominatrice della porta accanto: “Perversione è una parola moralista”

“Miss Stress” è il romanzo d’esordio di Anita Dadà edito da Fandango Libri. È la vita di Viola, una 27enne che lavora in una galleria d’arte ed è anche una Mistress specializzata in feticismi “giocosi”, che vanno oltre i canoni classici che hanno dominato l’immaginario BDSM fino a oggi. A Fanpage.it, la scrittrice si racconta: “Lo scopo era dare a Viola l’immagine della vicina di casa, perché l’immaginario sadomaso ha egemonizzato e stereotipato una certa idea sulle dominatrici”.
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Miss Stress”, il romanzo d’esordio di Anita Dadà edito da Fandango Libri, ci fa entrare nella vita di Viola, una Mistress specializzata in feticismi che vanno tutti oltre i canoni classici che hanno dominato l’immaginario BDSM fino a oggi. C’è il cliente che umilia la sua mascolinità e, una volta a settimana, si femminilizza, diventando letteralmente la donna delle pulizie di casa sua. Ci sono uomini che adorano essere dominati finanziariamente e le comprano qualsiasi cosa, senza mai sfiorarla neanche con un dito. E poi c’è Claudio, che è un looner: un feticista dei palloncini che, con la sua curiosità e il suo interesse, finisce per creare un rapporto vero con la sua “dominatrice”. Abbiamo parlato con la scrittrice di questo romanzo che ha, tra i suoi obiettivi, eliminare termini come “trasgressione” e “perversione”: “Sono tutte terminologie impregnate di moralismo, che sporcano il discorso e la comprensione del mondo BDSM”. 

Viola è la protagonista di Miss Stress. Ce la puoi raccontare?

Viola ha 27 anni e lavora in una galleria d’arte in centro. È una ragazza che si è liberata da un po’ di retaggi patriarcali del sud. È una Mistress, una prodomme e incontra una serie di uomini di fascia medio-alta e tutti più grandi d’età.

Non è la solita Mistress, però.

Lei è una ragazza che dialoga molto con il lettore, ma soprattutto con se stessa. È un personaggio che sta quasi sempre tra le nuvole e pensa, pensa, forse anche troppo. Però, lei non ha mai paura. Non ha paura quando va in casa di questi sconosciuti, non ha paura di invitarli a fare pratiche particolari.

Viola domina, umilia, femminilizza ma, quando è fuori dal ruolo della Mistress, è una donna che non riesce a fare chiarezza nella sua vita sentimentale.

Lo scopo principale era di dare a Viola l’immagine della vicina di casa. Perché l’immaginario sadomaso ha egemonizzato e prevalso e ha dato una certa idea sulle dominatrici, così come sui dominatori. Per tanto tempo, il sadomaso ha prevalso sui racconti del BDSM, io ho voluto staccarmi da questa immagine stereotipata alla "Cinquanta sfumature di grigio", ho voluto raccontare altro.

Cosa?

Partiamo dal BDSM. Pochi sanno che si legge scomponendo la doppia lettera: BD sta per Bondage e Disciplina, DS sta per Dominazione e Sottomissione, SM sta per Sadomaso. Nel romanzo, faccio esplorare a Viola la seconda matrice, la DS, fondata principalmente sui feticismi.

Feticismo dei palloncini, sissyfication, dominazione finanziaria: storie che vanno oltre il canone più o meno classico del fetish. 

Sì, ho inserito una serie di feticismi poco conosciuti perché mi andava di sdoganarli. Invece, Viola è una feticista dei piedi, che è quello più conosciuto. Mi interessava dare questa visione per dire che esistono anche donne feticiste, che adorano i piedi dei propri partner.

Ora sto pensando a uno dei personaggi del libro che, con la sua compagna, ha il feticismo dell’allattamento. Alcuni di questi feticismi sono situazioni che rimandano al mondo dell’infanzia?

Sì, è la regressione infantile. Lo stesso feticismo dei palloncini è qualcosa che è assolutamente legato all’infanzia. Freud, a questo punto, parlerebbe di imprinting, ovvero gli insegnamenti ancestrali su cui l’uomo basa poi tutta la sua sopravvivenza.

"Non c’è mai nulla di sporco e malato quando gli adulti decidono consensualmente di donarsi gli uni agli altri" dice Viola. Sembra una cosa scontata, ma in realtà non lo è. Questa frase la lego a Vallauri che in "Ancora bigotti – Gli italiani e la morale sessuale" (Einaudi Editore) dice: "Oggi stesso, volendo potete danneggiare la reputazione di una persona usando i suoi comportamenti sessuali".

Sì, è effettivamente così. Tra l’altro, Vallauri è stata una lettura che ho fatto postuma al romanzo. Per quanto ci siamo evoluti tantissimo come umanità in generale, siamo ancora indietro con la morale sessuale perché i comportamenti sessuali sono ancora in grado di danneggiare la nostra reputazione. Ed è allucinante. Con questo testo, ho la presunzione di abbattere qualche tabù. Posso fare un esempio?

Prego.

Odio i termini "trasgressione" e "perversione", spesso utilizzato come sinonimo di "devianza". Sono tutte terminologie impregnate di moralismo, di un giudizio morale non richiesto. Tutti termini che non si devono usare perché sporcano il discorso e la comprensione del mondo BDSM. E non solo.

Anita Dadà e la copertina di Miss Stress
Anita Dadà e la copertina di Miss Stress

Il tuo romanzo spinge e promuove una consapevolezza maggiore sulla libertà sessuale?

Sì, dal momento in cui assumiamo che la libertà sessuale è assolutamente soggettiva. Con questo testo non voglio invitare le persone ad attaccarsi al lampadario e prendersi a cinghiate, perché per me c’è libertà sessuale anche nella coppia che fa l’amore da cinquant’anni sempre con la stessa posizione, perché gli piace così. Il consenso è la chiave di tutto. E nel BDSM è l’unico contesto in cui viene realmente rispettato.

A proposito di consenso, mi viene in mente la safe word che – in una scena del libro – il cliente di Viola utilizza per fermare il gioco: “ASCENSORE!”. 

Sì, devono essere scelte parole del genere, completamente fuori dal contesto, che facciano immediatamente scemare la tensione. Nel romanzo cito la sigla SSC, che vuol dire Sano, Sicuro e Consensuale. Nel BDSM, lo scambio di ruoli è approvato solo se discusso e condiviso. Il consenso, tra l’altro, è revocabile e le parti devono essere capaci di intendere e di volere. Lo ha stabilito anche la Cassazione.

Sull’equilibrio tra scrittore e personaggio: è corretto pensare al romanzo come una sorta di auto-fiction?

Sì, ma anche no. Non sono una prodomme, non incontro clienti, vendo – di tanto in tanto – le mutandine, ma è legato a un aspetto del mio lavoro. Io nasco come performer e fotografa nelle web chat delle CamGirl, più di quindici anni fa. Facevo spettacoli e praticavo azioni fetish: facevo dondolare le scarpe, fumavo in camera. Poi ci sono delle note biografiche che riguardano le violenze che il personaggio ha subito in famiglia, ma per il resto è assolutamente un romanzo.

Mi è piaciuto molto il finale, e non scrivo qui il motivo. Però, perché il romanzo è così breve?

In realtà ho tolto un bel po’ di roba appena ho cominciato a lavorare con la editor.

Come mai?

Perché abbiamo condiviso che probabilmente i lettori non sarebbero stati ancora pronti per quel materiale. Abbiamo deciso di riservarlo per situazioni successive. Diciamo così, mi sono auto-censurata.

Situazioni successive? Allora, Viola torna? 

Potrebbe. Ha ancora tante cose da dire.

Ci sentiamo nella settimana in cui c’è tanto clamore per il parere dell’Accademia della Crusca sullo Schwa, per non parlare poi della Spigolatrice di Sapri…

Non amo dare la mia opinione sui fatti di cronaca. Detesto chi usa i social per polarizzare sulla polemica del giorno. Sono cose che mi annoiano. Posso dire, però, che abbiamo un problema enorme con il sesso in Italia. Smettiamola di vedere la sessualizzazione dappertutto e ricordiamoci che esiste anche l’erotismo. L’erotismo è una cosa fantastica.

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