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Consulta boccia la riforma Madia sulla Pubblica amministrazione. Renzi: “Paese è bloccato”

Secondo la Corte Costituzionale la riforma è illegittima nelle parti in cui prevede che l’attuazione attraverso i decreti legislativi possa avvenire dopo aver acquisito il solo parere della Conferenza Stato-Regioni. Serve, invece, un’intesa.
A cura di C. T.
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Con la sentenza numero 251 la Corte Costituzionale ha rilevato profili di incostituzionalità nell'esame della riforma Madia sulla Pubblica amministrazione. Le illegittimità si trovano, in particolare, nella parte in cui si prevede che l'attuazione della riforma con i decreti legislativi avvenga con il semplice parere della Conferenza Stato-Regioni o Unificata. Per la Corte, invece, è necessaria un'intesa. Insomma, la riforma lede l'autonomia delle Regioni, per quanto riguarda dirigenti, società partecipate, servizi pubblici locali, organizzazione del lavoro. Il ricorso era stato presentato dalla Regione Veneto. E proprio il governatore, Luca Zaia, parla di "sentenza storica, un colpo al centralismo sanitario".

"Oggi la Consulta ha dichiarato parzialmente illegittima la norma sui dirigenti perché non abbiamo coinvolto le Regioni. È un Paese in cui siamo bloccati", ha invece commentato il presidente del Consiglio Matteo Renzi, secondo cui "siccome non c'è l'intesa con le regioni, noi avevamo chiesto un parere, per la Corte costituzionale il decreto sulla Pa è illegittimo. E poi mi dicono che non devono cambiare le regole del Titolo V: siamo circondati da una burocrazia opprimente". Il sistema, ha concluso il premier "non funziona. Mentre il mondo corre, noi stiamo dietro a un rimpallo di competenze che non ha nessun altro al mondo. È un sistema allucinante".

Nel documento della Consulta si ricorda che le norme impugnate "delegano il Governo ad adottare decreti legislativi per il riordino di numerosi settori inerenti a tutte le amministrazioni pubbliche, comprese quelle regionali e degli enti locali, in una prospettiva unitaria". interventi che "influiscono su varie materie, cui corrispondono interessi e competenze sia statali, sia regionali (e, in alcuni casi, degli enti locali)". Nel caso in cui ci fosse una delle materie "di competenza dello Stato, cui ricondurre, in maniera prevalente, il disegno riformatore nel suo complesso", questa prevalenza "escluderebbe la violazione delle competenze regionali". In caso contrario, per la Corte si deve rispettare "il principio di leale collaborazione" e prevedere "adeguati strumenti di coinvolgimento delle Regioni (e degli enti locali), a difesa delle loro competenze". Un ruolo centrale, ha ricordato la Corte Costituzionale, spetta alla Conferenza Stato-Regioni: l'intesa al suo interno è "un necessario passaggio procedurale anche quando la normativa statale deve essere attuata con decreti legislativi delegati".

Secondo la Consulta, le "pronunce di illegittimità costituzionale colpiscono le disposizioni impugnate solo nella parte in cui prevedono che i decreti legislativi siano adottati previo parere e non previa intesa". Respinti i dubbi di legittimità costituzionale relativi la delega per il Codice dell'amministrazione digitale. Le illegittima riguardano, dunque, soltanto le deleghe al Governo "in tema di riorganizzazione della dirigenza pubblica", "per il riordino della disciplina vigente in tema di lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni", "di partecipazioni azionarie delle pubbliche amministrazioni e di servizi pubblici locali di interesse economico generale". In ogni caso, ha sottolineato la Consulta, "le eventuali impugnazioni delle norme attuative dovranno tener conto delle concrete lesioni delle competenze regionali, alla luce delle soluzioni correttive che il Governo, nell'esercizio della sua discrezionalità, riterrà di apprestare in ossequio al principio di leale collaborazione". A questo punto, sono illegittimi anche i decreti approvati ieri in via definitiva dal Cdm.

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