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Opinioni

Basta con i dinosauri della politica, la sfida di Matteo Renzi passa per un nuovo Big Bang

Il rinnovamento generazionale è uno dei tanti limiti della politica italiana, uno dei tanti motivi del perchè il nostro Paese sia incapace di crescere e di ripensare forme e metodi della partecipazione democratica.
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Qualche giorno fa una (tutto sommato banale) tabella ha fatto il giro del web e stimolato dibattiti, reazioni e polemiche. Si trattava semplicemente di un confronto anagrafico fra i leader delle principali potenze economiche mondiali, con in calce indicazioni sui loro rispettivi oppositori politici. Uno spunto interessante ma che probabilmente sarebbe finito col passare inosservato se il nostro Paese non stesse attraversando una crisi senza precedenti e se a dirimere questioni di fondamentale importanza non fosse chiamata la stessa classe dirigente che ha (sia pure con responsabilità diverse) contribuito al "disastro".

Ecco che, oltre il dato anagrafico la cui rilevanza è piuttosto relativa (e ci si risparmino constatazioni superflue sull'esperienza, sui giovani ed impreparati e via discorrendo), a tornare prepotentemente alla ribalta è il tema della gerontocrazia e della difficoltà nel mettere in pratica un sostanziale e concreto ricambio generazionale ai vertici della politica del Belpaese. Ed in tal senso c'è poco da discutere, almeno nella sostanza: i volti della politica italiana, salvo rarissime eccezioni, sono sempre gli stessi; i parlamentari cumulano mandati come fossero medaglie al merito; i professionisti della politica passano da un incarico nelle segreterie di partito ad un consiglio di amministrazione con estrema facilità; le vetrine della politica sono occupate dagli stessi soggetti di 20 anni fa (e con gli stessi copioni, tra l'altro); gli organismi dirigenti sono pieni di "personaggi autoreferenziali" e minati irrimediabilmente dal "virus della cooptazione".

Quanto più cresce la consapevolezza dell'opinione pubblica in tal senso, tanto più sembra che la politica tradizionale reagisca in modo corporativo, tacciando di qualunquismo e demagogia chiunque sollevi il tema e ponga insistentemente la questione tra le priorità da affrontare. Una tecnica ormai collaudata, che pure negli anni passati ha ottenuto risultati estremamente efficaci (con la marginalizzazione dei movimenti, ad esempio), ma che ultimamente, complice il "trasferimento dei luoghi di rappresentanza e discussione politica dalle piazze reali a quelle virtuali" e la sempre maggiore volontà di partecipazione dei cittadini, sta mostrando le prime crepe. Dallo spazio conquistato prima durante e dopo i referendum, alla cavalcata solitaria di Beppe Grillo, dagli esperimenti di Civati e della Serracchiani fino ai tanti movimenti nati e cresciuti negli ultimi mesi, un intero mondo è (tornato) in movimento. E non è il trionfo dell'anti – politica, tutt'altro.

Allo stesso modo il ritorno alla Leopolda del Sindaco di Firenze Matteo Renzi rappresenta un segnale importante, un "fattore" da tenere in grande considerazione, proprio perchè si tratta di un movimento che muove dalle stesse considerazioni, ma con alle spalle anni di apprezzata esperienza amministrativa. Si possono avere le opinioni più disparate, ma in tal senso, Renzi rivendica giustamente il suo ruolo di "antesignano": "Nell’anno trascorso è successo di tutto e oggi non c’è più bisogno di parlare di rottamazione: la vogliono tutti! Ogni giorno sui media o in rete ci sono nuovi sostenitori del ricambio totale.Bene così, non siamo gelosi".

E, proprio nella presentazione del nuovo appuntamento Big Bang – Leopolda 2011, sulla pagina facebook dedicata, non manca di sottolineare un aspetto centrale nella "costruzione dell'alternativa":

Vogliamo un Big Bang che segni l’inizio di un’altra storia. Basta con i predicozzi di chi ha fallito e ha ridotto la storia a gossip. Basta con chi preferisce partecipare piuttosto che vincere e basta con chi quando per caso vince impallina gli alleati perché si trova meglio in piazza a manifestare che non al Governo per cambiare. E l'aspetto che ci piace sottolineare, al di là delle evidenti difficoltà di un percorso simile è questa consapevolezza: Piaccia o non piaccia, ormai tocca alla nostra generazione. Non sappiamo quando, chi e come, ma i fatti di questi mesi dicono che tocca a noi. Tocca a noi, che veniamo da storie diverse ma siamo uniti dall’idea che l’Italia debba tornare a scommettere sul merito, sull’innovazione, sulle qualità. C’è un sacco di bella gente che è delusa, schifata, colpita. Ma non rassegnata. Torniamo alla Leopolda, allora. Perché da quella vecchia stazione, finalmente, si può partire. Big Bang!

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A Fanpage.it fin dagli inizi, sono condirettore e caporedattore dell'area politica. Attualmente nella redazione napoletana del giornale. Racconto storie, discuto di cose noiose e scrivo di politica e comunicazione. Senza pregiudizi.
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