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“Voglio salvarmi da una situazione politica difficile”, l’intervista a Moussa, il migrante suicida

In un video del 2017, anno del suo arrivo in Italia, Moussa Balde si racconta. Racconta il suo sogno, quel sogno che si è bruscamente interrotto nel Paese che aveva scelto come la sua seconda casa. Il giovane era stato aggredito a Ventimiglia e poi rinchiuso nel centro per i rimpatri di Torino perché senza documenti. Lì, domenica, si è impiccato.
A cura di Biagio Chiariello
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“Voglio mettermi in salvo da una situazione politica molto difficile del mio Paese. Voglio restare in Italia perché in questo Paese è avuto un assaggio di come la vita può essere bella”. Queste la parole di Moussa Balde, il ragazzo guineano di 23 anni che si è suicidato nel Cpr di Torino qualche giorno fa. Il migrante era arrivato nel nostro Paese nel 2017,  pronto per iniziare una nuova vita ad Imperia. Purtroppo le cose non sono andate per il meglio. Due settimane prima  del tragico gesto, era diventato drammaticamente protagonista di un filmato diventato virale: una violenta aggressione subita il 9 maggio, a Ventimiglia, da parte tre uomini. Pestato con bastoni, calci e pugni per strada. Era sopravvissuto. Ma alla fine è morto comunque. I tre (italiani di 28, 39 e 44 anni) sono stati identificati dalla polizia di Imperia e denunciati per lesioni. Per Balde invece, nonostante avesse ricevuto una prognosi di 10 giorni, si sono aperte le porte del Cpr, anticamera del suo ritorno in patria. Il ragazzo non aveva con sé i documenti.

La procura di Torino ha avviato accertamenti per capire cosa ha spinto Moussa ad impiccarsi. "Voleva solo andare via, non accettava di essere rinchiuso là dentro senza aver fatto nulla", dice l’avvocato Gianluca Vitale, difensore del ragazzo. La scorsa settimana lo aveva visto due volte: il ragazzo gli aveva raccontato che a Ventimiglia era stato picchiato mentre chiedeva l’elemosina, non dopo un tentativo di furto, come sostenuto dagli aggressori. Pare che la sua versione non sia stata ascoltata neanche dalla Procura. "Avrei dovuto vederlo oggi. Eravamo preoccupati: un ragazzo di 23 anni che viene picchiato barbaramente e poi finisce in un Cpr non può che trovarsi in una condizione di estrema vulnerabilità", afferma la Garante dei detenuti del comune di Torino Monica Cristina Gallo.

Nel video dell'intervista pubblicata da Sanremonews Moussa racconta anche il suo viaggio in mare nel 2017, quando aveva 19 anni. "Sognava un’altra vita, un lavoro. Non poteva rientrare nel suo paese. Diceva che sarebbe stato ucciso dalle stesse persone che lo avevano spinto a scappare – ha raccontato all’Ansa Marco, un suo amico – Era un ragazzo molto intelligente: in pochi mesi ha imparato l’italiano e preso la terza media a Imperia. Era però anche tormentato e impaziente, faticava ad aspettare".

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