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Cop 27, il vertice sul clima in Egitto

Verso la Cop27, Mercalli a Fanpage.it: “Proteste dei giovani sacrosante, lottano per il loro futuro”

Il climatologo Luca Mercalli: “I giovani che protestano per il clima fanno benissimo, hanno ottime ragioni. I dati sono allarmanti, le dichiarazioni del segretario generale dell’ONU sono chiare: Guterres parla di ‘azione collettiva o suicidio collettivo’. Giusto chiedere ai governi di fare di più”.
Intervista a Professor Luca Mercalli
Climatologo, presidente della Società Meteorologica Italiana
A cura di Davide Falcioni
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Cop27, meno due. L'edizione 2022 della Conferenza annuale dell'Onu sul clima si terrà dal 6 al 18 novembre a Sharm el-Sheikh, in Egitto. Vi prenderanno parte 40mila delegati da tutto il mondo che discuteranno delle strategie per contenere gli effetti del cambiamento climatico.

Le premesse, però, non sono delle migliori. "La Cop27 deve essere il luogo in cui ricostruire la fiducia e ristabilire l'ambizione necessaria per evitare di guidare il nostro pianeta oltre il burrone", ha dichiarato il segretario generale dell'ONU Antonio Guterres, aggiungendo che "anziché scendere del 45% entro il 2030, le emissioni di gas serra aumenteranno del 10%. Le temperature aumenteranno di ben 2,8 gradi entro la fine del secolo. Questo significa che il nostro pianeta è sulla buona strada per raggiungere punti di svolta che renderanno il caos climatico irreversibile".

Secondo il numero uno dell'ONU "è tempo di un patto storico tra economie sviluppate ed emergenti, in cui i paesi sviluppati mantengano l'impegno preso a Parigi e compiano uno sforzo aggiuntivo per ridurre le emissioni in linea con l'obiettivo di 1,5 gradi".

Luca Mercalli
Luca Mercalli

Siamo alla vigilia della 27esima conferenza dell'ONU sul clima. Un anno fa si svolse a Glasgow. Sono stati compiuti dei progressi, nel frattempo? 

Dati alla mano purtroppo non vedo progressi perché le emissioni di CO2 sono aumentate. Le prime stime dell'Agenzia Internazionale per l'Energia dicono che quest'anno saranno superiori a quelle del 2021, che era già stato l'anno con il dato più alto nella storia dell'umanità. L'Agenzia aggiunge una piccola nota di ottimismo, affermando che nel 2022 la situazione è peggiorata, ma non di molto e solo grazie alle nuove installazioni di fonti di energia rinnovabile. Però non basta ancora. Stiamo continuando ad andare nella direzione sbagliata. Aggiungo che dalle stime dell'Agenzia Internazionale per l'Energia mancano le emissioni causate dalla guerra in Ucraina perché si tratta di dati militari, quindi non disponibili. Ma quanto carburante è stato impiegato per carri armati, navi e aerei? E quante emissioni sono state generate dalle esplosioni di migliaia di missili e bombe? L'intera guerra è stata una fonte di emissioni inquinanti che tuttavia non rientrano in nessuna statistica ufficiale. Vedremo gli effetti in futuro, quando calcoleremo la concentrazione di CO2 nell'atmosfera.

La guerra russa in Ucraina ha quindi contribuito ad aggravare la situazione?

Sì, perché oltre a produrre emissioni il conflitto ha distolto l'attenzione dall'emergenza climatica. Ricordo che il segretario generale dell'ONU Guterres alla fine della Cop26 di Glasgow disse: "Stiamo ripetutamente bussando alla porta della catastrofe". Ieri sempre Guterres ha aggiunto che il mondo è "sulla strada per un caos climatico irreversibile". Ecco, se neppure la massima autorità diplomatica del pianeta ha cambiato opinione nell'ultimo anno ci siamo ben poco da stare tranquilli.

Anche la guerra contribuisce ad aumentare le emissioni inquinanti
Anche la guerra contribuisce ad aumentare le emissioni inquinanti

Guerra, crisi energetica e inflazione possono accelerare la decarbonizzazione delle nostre economie?

È complicato dare una risposta univoca. Da un lato è vero che la guerra ha depresso i consumi, ma dall'altra dobbiamo considerare che quando inizierà la ricostruzione sarà necessario un enorme quantitativo di energia e materie prime per ricostruire un Paese distrutto. È difficile, quindi, fare oggi dei bilanci: la distruzione fisica di una città implica anni e anni di cantieri. Certo, in Europa il timore di non avere abbastanza gas e i costi delle bollette ci faranno risparmiare, forse qualcuno metterà qualche pannello solare in più, ma si farà non tanto per avere un futuro sostenibile, quanto per una contingenza economica. Ho il timore che se i prezzi del gas scenderanno improvvisamente tutto possa tornare come prima. Quante persone, scottate dall'attuale instabilità, in futuro vorranno percorrere davvero la strada dell'autosufficienza?

Cosa dobbiamo aspettarci dalla Cop27 che si terrà nelle prossime settimane in Egitto?

Non mi aspetto niente di più della Cop26. Si faranno piccoli progressi burocratici e si aggiungerà qualche riga alla gestione operativa dell'Accordo di Parigi. Non mi aspetto però delle svolte da queste conferenze, anche se sarebbe ingiusto dire che sono inutili. Anche dopo Glasgow 2021 sono stati raggiunti dei piccoli risultati: purtroppo sono drammaticamente asimmetrici rispetto all'esigenza fisica del cambiamento climatico.

Vediamo ormai gli effetti del cambiamento climatico anche in Italia e Europa, ma quelli più devastanti degli ultimi mesi si sono verificati in Pakistan, dove  piogge monsoniche e inondazioni hanno causato migliaia di morti. Chi dovrebbe pagare gli effetti di questi disastri nei Paesi poveri?

L'Accordo di Parigi prevede diversi meccanismi. Ci sono fondi per le catastrofi climatiche e altri per la transizione energetica. Ma è chiaro che i Paesi più poveri dovrebbero poter contare sulla solidarietà degli stati più ricchi.

Alcuni giorni fa Lee White, ministro dell’ambiente del Gabon, ha affermato che i Paesi ricchi non prenderanno misure incisive contro il cambiamento climatico finché non vedranno gli effetti in termini di vittime. È d’accordo?

Io temo che anche questo non funzioni. I problemi ci sono già anche nei Paesi ricchi: pensiamo alle alluvioni che si sono verificate in Germania alla metà del 2021. Causarono 243 morti, eppure ce li siamo dimenticati dopo poche settimane. Le ondate di caldo della scorsa estate hanno provocato decine di migliaia di vittime in Europa, eppure quei morti non ci hanno scioccati affatto. Non possiamo attendere che New York venga devastata da un uragano per cambiare i nostri modelli di vita. Dobbiamo sforzarci di farlo ora. Catastrofi peggiori avverranno quando la situazione sarà ormai irreversibile.

Le recenti alluvioni in Pakistan hanno causato migliaia di morti
Le recenti alluvioni in Pakistan hanno causato migliaia di morti

Nei giorni scorsi degli attivisti per il clima hanno bloccato il Grande Raccordo Anulare. Questa mattina quattro membri di Ultima Generazione hanno lanciato del passato di verdure un un quadro di Van Gogh esposto a Palazzo Bonaparte. Cosa pensa di queste proteste?

Innanzitutto toglierei a questi contestatori la connotazione di "ambientalisti" perché li separa dal resto della società: sono dei giovani preoccupati per il loro futuro, ne hanno ben donde e non hanno bisogno di ulteriori etichette. È un po' come quando vediamo protestare degli operai licenziati da una fabbrica: non diamo loro delle etichette, non li chiamiamo "comunisti", sono solo cittadini preoccupati perché non avranno più un lavoro. Bloccare il Grande Raccordo Anulare è diverso da un blocco dei treni da parte dei ferrovieri? Quando c'è uno sciopero degli autobus o di aerei non vi sono disagi? E quante opere d'arte sono state irrimediabilmente distrutte dalle alluvioni causate dal cambiamento climatico? Gli attivisti le hanno imbrattate? No, perché c'era sempre una lastra di vetro a proteggere i dipinti. Ecco, i giovani che protestano per il clima hanno ragioni sacrosante. I dati sono allarmanti, le dichiarazioni del segretario generale dell'ONU sono chiare: Guterres parla di "azione collettiva o suicidio collettivo". Tutte le persone che stanno protestando fanno benissimo a farlo: chiedono un maggior impegno ai loro governi, chiedono la vivibilità del pianeta, per loro e per le future generazioni.

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