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Veronesi: “Un italiano su due si ammalerà di tumore”

Umberto Veronesi, oncologo e direttore dell’Ieo, spiega: “Mezzo secolo fa si ammalava di cancro una persona su trenta, oggi una su tre. E, in futuro, una persona su due. Serve più informazione per la diagnosi precoce ed è necessario uno stile di vita più salutare”.
A cura di Redazione
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Il cancro, che in futuro colpirà "un italiano su due". La drammatica previsione di Umberto Veronesi, direttore scientifico dell'Istituto Europeo Oncologico di Milano ed ex ministro della Salute, è un allarme che contiene al suo interno una soluzione. O, quanto meno, un argine, al male del secolo. Veronesi ne è convinto: la conoscenza della patologia aiuterà a non averne soltanto paura ma a curarla in maniera tempestiva ed efficace. E la cosa è possibile esclusivamente attraverso un patto, un'alleanza civica tra la scienza e il mondo dell'informazione. L'oncologo parla all'incontro ‘Media e cancro', svoltosi all'Università Iulm di Milano e spiega che il mondo scientifico deve "discutere e coordinarsi con quello dell'informazione". Perché – dice – "si può vincere la battaglia contro il cancro se l'informazione è corretta ed è accanto alla scienza in questa battaglia". Oggi – continua Umberto Veronesi – "si ammala di tumore un italiano su tre, 50 anni fa si ammalava uno su trenta, mentre in futuro si ammalerà un italiano su due". Eppure dei "20 milioni di italiani che oggi sviluppano un tumore nel corso della loro vita, il 70% dei casi, circa 14 milioni, potrebbero essere salvati con la prevenzione".

Il discorso del luminare è quello già fatto più volte, in varie occasioni: "Se tutta la popolazione – afferma Veronesi – adottasse uno stile di vita salutare e si avvicinasse in massa alla diagnosi precoce, se i responsabili delle politiche sanitarie e ambientali applicassero tutte le conoscenze e le misure preventive che la ricerca ha messo a disposizione, il cancro sarebbe una malattia sotto controllo". L'ex ministro continua: "Stiamo vivendo un passaggio epocale in cui il welfare state, lo Stato che si fa carico della tutela della salute dei suoi cittadini, diventa ‘welfare community', dove la responsabilità della salute è condivisa da tutta la società". E, conclude "questa evoluzione culturale non può avvenire senza la partecipazione dei media".

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