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Ucciso e nascosto in cantina: l’ex collaboratore di giustizia Nino Capaldo condannato a 20 anni

I fatti risalgono al 2023: il corpo di Massimo Lodeserto, la cui scomparsa venne denunciata dai familiari a fine agosto, venne trovato il 4 dicembre in uno scantinato di Torino. L’imputato ha sempre sostenuto di essersi difeso.
A cura di Susanna Picone
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La vittima
La vittima

Venti anni di reclusione: è arrivata la sentenza di condanna per Nino Capaldo, 58 anni, ex collaboratore di giustizia originario di Frattamaggiore (Napoli) e processato a Torino con l'accusa di avere ucciso un uomo e di averne occultato il cadavere. La vittima è Massimo Lodeserto, ucciso a martellate e il cui corpo senza vita venne nascosto in uno scantinato di un palazzo in via San Massimo, nel centro storico di Torino.

La sentenza a venti anni di carcere per Capaldo – che ha sempre sostenuto di essersi difeso – è stata pronunciata dopo un processo con rito abbreviato. Lo scorso 20 dicembre il pubblico ministero Marco Sanini aveva chiesto la pena di venti anni di carcere per l’assassino reo confesso.

I fatti risalgono al 2023: era il 30 agosto quando i parenti di Massimo Lodeserto ne denunciarono la scomparsa. Il cadavere venne poi ritrovato il 4 dicembre di quell’anno. L’omicidio, stando a quanto ricostruito, sarebbe avvenuto al culmine di un litigio tra i due uomini per una questione di debiti.

L’avvocato difensore di Capaldo, Gianluca Orlando, aveva sottolineato che già al termine delle indagini era caduta l'ipotesi della premeditazione e che la procura non ha contestato aggravanti all’imputato, in aula poi il legale ha sostenuto che si è trattato di un caso di legittima difesa. “Ha agito per legittima difesa – così l’avvocato durante il processo – Quando si sono incontrati, Lodeserto aveva con sé una pistola finta. Capaldo ha visto l’arma e pensava fosse vera”.

Il gup ha accordato ai tre familiari della vittima che si sono costituiti parte civile con l'avvocato Roberto Saraniti una provvisionale di 40mila euro ciascuno.

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