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Suicida per un video hard, l’inquietante biglietto prima di morire: “Gli scheletri sono riaffiorati”

“Gli scheletri sono riaffiorati”. Così scriveva Michela Deriu, 22 anni, morta impiccata in casa di un’amica a la Maddalena nel 2017. Il prossimo 27 febbraio due giovani andranno a processo con l’accusa di diffamazione aggravata per aver diffuso due video privati ritraenti la 22enne. Secondo l’accusa i due sono responsabili anche della morte di Michela avvenuta in conseguenza del reato di diffamazione.
A cura di Angela Marino
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Il prossimo 27 febbraio si incontreranno faccia a faccia in tribunale i genitori di Michela Deriu, la ragazza suicida per dei video privati, e i due accusati di averli diffusi e di averne causato la morte. Si tratta dell'udienza preliminare nel processo che si dibatterà per la morte di Michela, suicida a 22 anni il 4 novembre del 2017. La giovane barista era stata trascinata a sua insaputa in una vicenda di ricatti ed estorsioni che l'avrebbero portata a togliersi la vita impiccandosi.

Agli atti dell'inchiesta sono finiti non solo i due video in cui la ragazza viene filmata in momenti intimi, ma anche alcuni biglietti e lettere scritti da Michela dopo la diffusione di questi ultimi. Scritti in cui si evince lo stato psicologico di forte disagio di Michela dovuto al trauma della diffusione incontrollata di quelle immagini. Ad aggravare lo stato di angoscia della ragazza sarebbero state, inoltre, pressanti richieste di denaro provenienti da sconosciuti creditori, probabilmente sotto minaccia di un'ulteriore diffusione dei video.

Poco prima di morire la ragazza aveva addirittura simulato una rapina per giustificare un ammanco di denaro di mille euro dalla cassa del bar dove lavorava a Porto Torres. La sua morte è avvenuta in casa di un'amica a la Maddalena, dove la ragazza si era rifugiata per sfuggire alla persecuzione dei suoi ricattatori e dove è stata trovata dall'amica, alle tre di notte, strangolata da un cappio. In borsa aveva il biglietto del ritorno del traghetto e dell'autobus che avrebbero dovuto portarla da una sorella. Accanto un biglietto che diceva: "Gli scheletri sono riaffiorati". L'inchiesta ha visto indagato due persone (un giovane di 24 anni, l'altro di 29) che ora sono state rinviate a giudizio. I genitori di Michela, rappresentati dall'avvocato Arianna Denule, si costituiranno parte civile: "Vogliamo giustizia per nostra figlia".

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