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Sara Pegoraro, la modella uccisa da un malore a 26 anni: “Possibile overdose, caccia al pusher”

La modella trevigiana di 26 anni è morta venerdì sera 24 giugno nella casa di Villorba in cui viveva con la madre. La Procura ha aperto un fascicolo per morte in conseguenza di altro reato, per individuare chi le avrebbe ceduto quella dose fatale.
A cura di Biagio Chiariello
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Sarebbe stata un'overdose di eroina ad uccidere Sara Pegoraro, modella di 26 anni, trovata morta venerdì sera, 24 giugno, nella casa di Villorba in cui viveva con la madre. La Procura di Treviso ha aperto un fascicolo per morte in conseguenza di altro reato per fare piena luce sul decesso della 26enne. Il sostituto procuratore Anna Andreatta, titolare dell'indagine, ha disposto le analisi del sangue per avere la conferma sul tipo di sostanza di cui la giovane avrebbe fatto uso e in quale quantità. Intanto i carabinieri della compagnia di Treviso hanno già iniziato la caccia al pusher che le avrebbe ceduto la dose.

È la stata la madre a lanciare l'allarme quando ha trovato la figlia esanime. Sara aveva già sfiorato la morte per ben due volte in poche ore, per un malore riconducibile sempre alla sua dipendenza, ma era stata miracolosamente salvata dalla stessa genitrice e dai sanitari del 118.

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Ed ora la sua morte lascia un vuoto che si intreccia al senso di colpa di chi si chiede se non fosse possibile fare di più per salvarla. "Giovedì, in uno dei tanti messaggi vocali mi aveva chiesto di accompagnarla al Serd (Servizio per le dipendenze) per una ricetta – racconta Serena, una delle sue più care amiche, come riporta il Gazzettino -. Col senno di poi quella era forse una richiesta di aiuto che non sono riuscita a cogliere. Quel messaggio l'ho ascoltato quando ormai era troppo tardi. Il giorno stesso ci eravamo viste di persona ma non mi aveva detto nulla". L'amica sapeva da tempo della sua dipendenza: "Speravamo che potesse farcela. Forse non abbiamo insistito abbastanza per convincerla a entrare in una comunità – racconta l'amica -. Non voleva perché era convinta che così avrebbe rinunciato alla sua libertà".

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