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Riti di sangue, resurrezione, morsi: così lo “studente-diavolo” ha violentato 13 ragazzi

Studente universitario di 23 anni, il capo della setta è stato arrestato a Firenze per aver violentato e ridotto in schiavitù un gruppo di ragazzi. I suoi seguaci erano convinti di essere dei prescelti incaricati di salvare il mondo che, al fine di acquisire più poteri, erano costretti a subire rituali di ogni genere, comprese violenze fisiche e pratiche di natura sessuale.
A cura di Susanna Picone
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Ventitré anni, studente universitario, a capo di una setta fingeva di essere il “Diavolo” e riusciva ad abusare di altre persone, anche minorenni. Diverse le accuse – violenza sessuale, riduzione in schiavitù e pornografia minorile – di cui dovrà rispondere Matteo Valdambrini, residente nella provincia di Prato e arrestato ieri dalla polizia in esecuzione di una misura di custodia cautelare agli arresti domiciliari disposta dal gip di Firenze. Il 23enne, già perquisito a febbraio scorso, sarebbe accusato di 13 episodi di violenza sessuale. Avrebbe costretto gli adepti a subire atti sessuali a seguito di una sorta di “patto col diavolo”. Li avrebbe convinti di essere dotato di poteri soprannaturali e di averli scelti per salvare il mondo. Secondo la sua “dottrina”, gli atti sessuali erano necessari a liberare i demoni.

I "riti" con abusi e violenze nei boschi della provincia di Prato

Le ricostruzioni di quanto accadeva nei boschi della provincia di Prato, riportate oggi dai quotidiani locali, sono da brividi. Ares – questo il nome con cui era stato “battezzato” uno degli adepti, tutti perdevano il loro vero nome nella setta – costretto a bere sotto minaccia “il sangue di drago”. Inalato un intruglio, avrà la nausea per giorni dopo quella notte. Altri del gruppo, i “prescelti”, devono subire violenze fisiche: il “rito dello sblocco” , rapporti sessuali completi non consensuali per “acquisire poteri soprannaturali”. Nel periodo tra il 2018 e il 2019 l’arrestato avrebbe costretto a subire violenze sessuali almeno 13 giovani, alcuni di 17 anni: ragazzi suggestionati, ridotti in uno stato di sudditanza psicologica, indotti ad accettare soprusi fisici e psicologici.

Il Diavolo sceglieva le vittime tra i ragazzi più fragili

Secondo l’accusa, il "diavolo" sceglieva i suoi adepti tra i ragazzi più fragili, spesso con problemi psicologici, approfittando del loro stato di isolamento e a volte anche di condizioni di depressione. Li adulava, poi li soggiogava con inganni, minacce e violenze. Le vittime venivano reclutate sui social, su Whatsapp e anche attraverso il passaparola. Valdambrini, secondo le ricostruzioni, convinceva le sue vittime di essere dotate di poteri soprannaturali e di averle scelte per salvare il mondo. Per sviluppare questi poteri devono affidarsi a lui. “O fai sesso o la tua sorellina muore”, con parole simili riusciva a convincere le vittime ad avere rapporti ma anche a sopportare dita negli occhi, morsi sulle braccia del “vampiro”.

Il rito della resurrezione e le foto di nudo su Whatsapp

Forse anche per il suo aspetto riusciva a convincere tutti: è giovane, bello, pubblica sui social foto in giacca e cravatta con in testa la maschera di una divinità. Il suo pezzo forte è il rito della resurrezione: il 23enne si fa stringere le mani al collo da un fedele che gli sta alle spalle, cade a terra fingendosi morto, poi si alza rimettendo a posto, o meglio fingendo di farlo, l’osso del collo e la trachea. Alcuni ragazzi sarebbero stati costretti ad inviargli foto di nudo. Le immagini, diceva il guru, non venivano visualizzate da lui ma da “Hydra”, entità cibernetica presente nel suo telefono e che però si attivava solo in presenza di una rete wi-fi. Il ‘diavolo' era anche capace di trasformarsi, attraverso una pratica che chiamava shifting, in altre creature.

La denuncia di una mamma e le indagini

Le indagini che poi hanno portato all’arresto di ieri sono scattate nel 2019 con la denuncia presentata a Firenze dalla madre di due ragazzi. A febbraio il giovane è stato sottoposto alla prima perquisizione. I poliziotti hanno preso pc, cellulari, tablet, chiavette, documenti, agende. Gli esiti della perquisizione, con la denuncia  di altri ragazzi che hanno trovato la forza di raccontare quanto gli è accaduto, hanno dato la possibilità agli investigatori di confermare il quadro accusatorio nei confronti dello studente.

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