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Raid Macerata, Luca Traini un anno dopo: “Non c’è più odio dentro di me”

Un anno dopo Luca Traini, l’autore del raid razzista di Macerata si racconta in un’intervista: “Per me il saluto romano era un gesto abituale. Un rituale simbolico. Lo facevo ogni mattina al sole nascente. Dunque non era una sceneggiata. Dopo gli incontri e i colloqui in carcere, ho cominciato a rivisitare i miei gesti, e si è fatto strada il pentimento”
A cura di Annalisa Cangemi
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A un anno dal raid razzista di Macerata Luca Traini si racconta in un'intervista a Ezio Mauro su ‘Repubblica': "È stata come un'esplosione dentro di me" ma ora "ho capito che la pelle non conta". Il 28enne di Tolentino che il 3 febbraio scorso sparò a 9 persone e ne ferì 6, solo perché nere, adesso ripercorre quei momenti. Fascista dichiarato ed ex candidato locale della Lega, confessa che le sue convinzioni politiche hanno pesato molto: "Tutta la mia ideologia politica, Dio, patria, famiglia, onore, ha pesato in quel mix esplosivo". Poi ha ammesso: "Per me il saluto romano era un gesto abituale. Un rituale simbolico. Lo facevo ogni mattina al sole nascente. Dunque non era una sceneggiata".

Traini era rimasto molto scosso soprattutto dalla tragedia di Pamela Mastropietro, la diciottenne romana uccisa in modo atroce e per la cui morte venne accusato un ragazzo nigeriano, "ha fatto da innesco". Durante il processo in aula si era già scusato con queste parole: "Un poco di buono può essere sia bianco sia nero".

"Mi sono immaginato un finale scenografico, in cui la polizia avanzava, io non sparavo sugli agenti, e dunque finivo ammazzato. In quel momento speravo che qualcuno mi uccidesse". È stato condannato a 12 anni di carcere per strage, porto abusivo di armi e danneggiamenti dalla Corte d'Assise di Macerata. All'epoca si arrese ma non sembrava essersi pentito del suo folle gesto. Solo più tardi, in carcere, "ho cominciato a rivisitare i miei gesti, e si è fatto strada il pentimento". A cambiare il suo punti di vista è stata la convivenza con "detenuti di ogni Paese: mi ha fatto capire che la pelle non conta. Mi sono reso conto che alla fine siamo tutti poveracci". Traini poi si è detto pronto ad incontrare una delle persone a cui ha sparato solo per chiederle scusa e che non pensa più, come aveva detto, che vale la pena vivere solo per sparare. "In quel momento l'azione mi ha realizzato, mi ha assorbito e mi ha svuotato. Sentivo di dover sparare, l'ho fatto". E ora, in carcere, quella Glock calibro 9 è sotto sequestro "ma idealmente, l'ho già buttata via da un pezzo". E guardando al futuro, Traini ha anche dei suoi progetti: vuole laurearsi in Storia. A sostenerlo c'è anche Stella, la sua fidanzata: "Viene sempre a trovarmi, mi aspetta. È una fortuna, e uno stimolo, una speranza per il futuro"

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