3.370 CONDIVISIONI
video suggerito
video suggerito

Picchiata e sepolta viva col figlio in grembo, no al risarcimento per i genitori

I parenti di Jennifer Zacconi non hanno diritto al risarcimento dalla Presidenza del Consiglio. Lo hanno deciso i giudici della prima corte d’Appello di Roma, prima sezione civile. Jennifer fu uccisa a 22 anni, al nono mese di gravidanza, dall’amante 34enne Lucio Niero nella zona di Maerne (Venezia). La ragazza fu presa a pugni e calci in pancia, strangolata con una corda e poi sepolta viva.
A cura di Angela Marino
3.370 CONDIVISIONI
Immagine

I parenti di Jennifer Zacconi non hanno diritto al risarcimento dalla Presidenza del Consiglio. Lo hanno deciso i giudici della prima corte d'Appello di Roma, prima sezione civile. A beneficio di mamma Anna Maria Giannone e Giuseppe Giannone, rispettivamente genitori e nonni delle vittime, non può essere applicata la direttiva europea del 2004 in favore delle vittime di reati violenti commessi negli Stati dell'Unione. La cifra che non sarà elargita ai parenti della 22enne uccisa con il suo bimbo in pancia, ammonta a 80mila euro.

I fatti risalgono ad aprile 2006, quando Jennifer, ventenne di Olmo di Martellago (Venezia), esce di casa per andare a un appuntamento con Lucio Niero, 34 anni, barista, titolare dell'Affinity, dove si era conosciuti. Lei è incinta di nove mesi di un figlio di Niero, sposato e padre, che da mesi ha una relazione con lei ed è stato accolto in famiglia come un fidanzato, malgrado tutto. Quella sera Jennifer non fa ritorno a casa e alle ripetute telefonate della madre risponde con uno strano sms, dove dice pressapoco che è fuggita al casinò, ma sta bene. Anna Maria non riconosce in quel messaggio le parole e gli intenti di sua figlia che da quando era incinta pensava solo al giorno in cui sarebbe nato il piccolo Hevan,come aveva deciso di chiamare il maschietto che portava in grembo e in cui, forse, Lucio avrebbe lasciato la moglie per stare con lei.

Scatta, immediata, la denuncia alle forze dell'ordine che come primo atto dell'indagine sulla scomparsa di Jennifer interpellano l'amante. "Non è venuta all'appuntamento", dice lui che prima ancora di fornire la sua versione è stato bollato dagli inquirenti come possibile sospettato. Dopo un lungo interrogatorio alla fine, stanco, ammette: "e va bene, l'ho strangolata". Le ricerche, partire nella zona di Maerne, dove il cellulare era stato agganciato per l'ultima volta, ora hanno come oggetto non più una ragazza in difficoltà, ma un corpo senza vita. Solo grazie alle indicazioni di Niero riusciranno a recuperare il corpo sepolto sotto sterpaglie e arbusti in una fossa delle campagne veneziane.

‘L'ho strangolata dice Niero', ma dal tavolo dell'obitorio il corpo di Jennifer racconta un'altra storia. È morta per asfissia inalando il fango di quella fosse dove era stata gettata dopo un pestaggio selvaggio, dopo che la corde intorno al suo collo aveva fallito. Niero, secondo l'autopsia, l'avrebbe picchiata forte, a calci sul pancione, le era saltato sulla schiena come a volerla spezzare e poi credendola morta, o credendola comunque incapace di rialzarsi, l'aveva sepolta viva. Nessuna compassione né per la sua giovane vita né per quella del piccolo Hevan, che sarebbe nato dopo una quindicina di giorni.

Non è chiaro il movente. I due si erano conosciuti qualche anno addietro nel locale di Niero. Lui l'aveva puntata e lei si era innamorata con l'entusiasmo e la cieca fiducia di una ragazzina di 20 anni. Sapeva che era sposato ma non per questo aveva perso le speranza di poter diventare un giorno lei la signora Niero. Poi era rimasta incinta ed era come se quel sogno si fosse avverato per metà. Aveva deciso il nome del bambino, ma non poteva immaginare che a dichiaralo non sarebbe stato il suo Lucio all'anagrafe, ma sarebbe stato un medico legale. Il piccolo era già un bimbo formato quando è morto per asfissia nel suo grembo. Lo mostrano le immagini scioccanti che il ‘Gazzettino di Venezia' pubblica scatenando durissime critiche, anche dagli addetti ai lavori, per quella foto del bimbo morto vestito con gli abiti delle esequie.

A volerlo la famiglia di Zacconi che voleva mostrare a tutti l'aspetto del bimbo per provare che era stato duplice omicidio, accusa che la Procura sceglierà di non contestare a Niero. Processato con rito abbreviato il barista verrà condannato nel 2008 a 30 anni di carcere. Oggi Niero sconta la sua pena in carcere da dove, nel 2017, è uscito per il suo primo permesso premio.

3.370 CONDIVISIONI
autopromo immagine
Più che un giornale
Il media che racconta il tempo in cui viviamo con occhi moderni
api url views