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Piazza San Carlo, la banda dello spray processata a Torino anche per le rapine all’estero

Per i giudici, la banda si procurò in Italia le confezioni dello spray urticante da utilizzare per commettere le rapine all’estero e in Italia pianificò anche i viaggi, questo è sufficiente per faravalere la giurisdizione italiana anche sulle rapine in Germania e Olanda contestate al gruppo di ragazzi.
A cura di Antonio Palma
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Seppur giovanissimi, secondo l'accusa si erano specializzati in rapine alle persone in luoghi affollati di gente utilizzando sempre la stessa tecnica: spruzzare spray urticante e generare panico per poi approfittarne e derubare i malcapitati. Una pratica talmente ben rodata che li aveva condotti a compiere rapine anche in trasferta rispetto ai luoghi di residenza e addirittura all'estero. Stiamo parlando della banda di ragazzi accusati dalla Procura di Torino di aver agito in Piazza San Carlo, nel capoluogo piemontese, il 3 giugno 2017 durante la proiezione su maxischermo della finale di Champions League della Juventus. Il loro gesto in quel caso ebbe conseguenze molto più catastrofiche. Lo spray scatenò ondate di  panico tra la folla che provocarono 1.500 feriti e la morte di una donna, Erika Pioletti.

Oltre alle contestazioni per il caso di Torino, ora i componenti della banda potranno essere processati in Italia anche per le rapine messe in atto a Rotterdam, Francoforte, Amsterdam e Berlino. A stabilirlo è stato il Tribunale del Riesame del capoluogo piemontese in un'ordinanza depositata nei giorni scorsi ieri per uno dei giovani di origini marocchine arrestato su  richiesta della Procura di Torino. I giudici del riesame, infatti. hanno accolto la tesi dei pm torinesi secondo i quali "per radicare la giurisdizione italiana" è sufficiente che nel territorio dello Stato ci sia stato un "frammento della condotta delittuosa". In questo caso è stato accertato che la banda si procurò in Italia le confezioni dello spray urticante da utilizzare per commettere le rapine e in Italia pianificò i viaggi all'estero. Una tesi a cui si era opposto l'avvocato del giovane secondo il quale "il mettersi d’accordo per commettere un reato all’estero non può rientrare nella condotta preparatoria e inoltre non ci sono prove che dimostrino che lo spray comprato in Italia sia stato utilizzato fuori".

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