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Ora dalla canapa si ricavano perfino le batterie: “Sono meglio di quelle al litio”

Dallo scarto della canapa è possibile produrre batterie per stoccare energia migliori del litio e del grafene, ma con un costo di produzione di mille volte inferiore a quest’ultimo. La scoperta è stata fatta dall’ingegnere David Mitlin e un’azienda vuole. utilizzarla per le batterie delle proprie motociclette elettriche.
A cura di Mario Catania
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La canapa è una pianta che racchiude un enorme passato, fatto di tradizioni, usi e prodotti che hanno accompagnato l’uomo per migliaia di anni, ma che guarda al futuro grazie alle applicazioni che la moderna tecnologia permette. E’ il caso ad esempio del suo impiego per stoccare energia, evidenziato dal lavoro di alcuni scienziati e aziende che si sono dedicati ad un aspetto sconosciuto di questo vegetale, la sua potenzialità nell’essere usato come fosse una batteria.

Tutto ha inizio nel 2014 quando l’ingegnere David Mitlin dell’Università dell’Alberta ha guidato uno studio sulla creazione di un nanomateriale ricavabile dai rifiuti vegetali, in particolare dagli scarti della lavorazione industriale della pianta di canapa, che si è rivelato avere proprietà simili al grafene, ma con un costo di produzione infinitamente minore. Il gruppo di ricercatori si è concentrato sulla corteccia della pianta, considerata in genere come uno scarto. “Si tratta di fibra composta da strati di lignina, emicellulosa e cellulosa cristallina”, spiega Mitlin, aggiungendo che “se si elabora nel modo giusto, si possono separare nanomateriali simili a grafene”. Per farlo hanno avviato il processo riscaldando la fibra a 180° C per 24 ore e poi trasformarla in pannelli di nanomateriale poroso che possono essere usati per i supercondensatori, moderni dispositivi per l’accumulo di energia di gran lunga superiori a quelli tradizionali. “La gente mi chiede: perché la canapa? Dico, perché no?”, sottolineò il ricercatore alla BBC. Secondo Mitlin, "si possono fare cose davvero interessanti con i rifiuti organici". Le bucce di banana, ad esempio, "possono essere trasformate in un denso blocco di carbonio – lo chiamiamo pseudo-grafite – ottimo per le batterie agli ioni di sodio. Ma se guardi la fibra di canapa, la sua struttura è l'opposto: produce fogli con una superficie elevata e questa caratteristica è ottima per i supercondensatori”. E i risultati pubblicati sulla rivista scientifica ACS Nano parlano chiaro: le caratteristiche finali sono da considerare "alla pari o migliori rispetto ai dispositivi commerciali basati sul grafene", con la differenza che, secondo Mitlin, utilizzare la canapa ha un costo di produzione che è mille volte inferiore rispetto al grafene.

Più di recente è tornato sull’argomento Robert Murray Smith, ricercatore indipendente che, dopo una carriera come accademico e industriale, si dedica a tematiche che lo appassionano raccontandole nel suo seguito canale su Youtube. Dopo aver creato un tutorial in cui racconta come creare una batteria a partire dalla canapa, ne ha analizzato le caratteristiche paragonandole a quelle di una batteria al litio, per scoprire come le prestazioni della prima siano notevolmente maggiori. Intanto nel 2018 l’azienda Alternet aveva comunicato che avrebbe condiviso il progetto con David Mitlin per utilizzare la canapa nelle nuove batterie delle moto elettriche che produce, confermando nel 2019 l’intento di investire in questo progetto. Le batterie tradizionali funzionano dispensando una piccola quantità di energia, mentre i supercondensatori possono scaricarla molto più velocemente: per questo sono utilizzati ad esempio sulle auto elettriche.

Insomma, la canapa si rivela ancora una volta come una risorsa preziosa, in grado non solo di produrre energia tramite biomassa e combustibili liquidi e solidi, ma anche di immagazzinarla con costi bassi grazie ad una parte della pianta fino ad oggi considerata come uno scarto.

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