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Olimpiadi Invernali, il viaggio nell’eredità di Torino 2006: tra abbandono, sprechi e devastazione

Il viaggio di Fanpage.it all’interno dell’eredità delle Olimpiadi Invernali di Torino 2006 è un vasto patrimonio immobiliare in parte messo a frutto, palazzetti e villaggi turistici, e in parte totalmente inutilizzato, come nel caso dell’impianto di Ski Jump di Pragelato (35 milioni di euro di investimento) e della Pista di Bob di Cesana San Sicario (110 milioni di euro).
A cura di Gianluca Orrù
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A Pragelato, in provincia di Torino, nei primi anni 2000 è stata sbancata e disboscata mezza montagna per fare posto a un grandioso impianto di Ski Jump costato circa 35 milioni di euro: è stato usato per le Olimpiadi Invernali di Torino 2006 e poi è rimasto lì, inutilizzato. Adesso sembra non tanto una cattedrale nel deserto, visto che qui nevica moltissimo, quanto piuttosto un ecomostro montano; a fianco dell'impianto c'è una struttura alberghiera, che a seguito di un contenzioso è rimasta semiabbandonata ed è stata saccheggiata e devastata da vandali; lo stesso impianto di salto presenta danni evidenti, anche se il Presidente Francesco Avato della Fondazione 20 marzo 2006, altrimenti chiamata Torino Olympic Park, assicura che è stato ripulito tutto e che le condizioni del luogo sono già state ripristinate.

Il Presidente della Fondazione 20 Marzo 2006, altrimenti nota come Torino 2006 Olympic Park, Francesco Avato
Il Presidente della Fondazione 20 Marzo 2006, altrimenti nota come Torino 2006 Olympic Park, Francesco Avato

Condizioni differenti ma stesso esito per l'impianto di Bob di Cesana San Sicario, anche questo eredità pesante delle Olimpiadi del 2006, costo dell'opera 110 milioni di euro. Qui la storia è più lunga e complessa, l'impianto di raffreddamento della struttura,  è stato dismesso nel 2011 anche a causa, pare, del timore di attentati collegati alla montante protesta notav e da allora è "inutilizzato". Anche qui, sotto gli scivoli e le scritte sbiadite che rimandano alla grandeur olimpica, tonnellate e tonnellate di cemento sepolto e ladri di rame che hanno fatto scempio dei cavi delle strutture tecnologiche.

L'impianto di Bob di Cesana San Sicario, costato 110 milioni di euro
L'impianto di Bob di Cesana San Sicario, costato 110 milioni di euro

"La cruda verità – spiega il presidente di Torino Olympic Park Francesco Avato, che gestisce l'eredità delle Olimpiadi di Torino 2006 – è che sport come il Bob, lo Skeleton e lo Ski Jump, che sono sport nobilissimi, hanno poche decine di atleti in tutta Europa"; la buona notizia è che questi impianti inutilizzati (a quasi vent'anni dalla costruzione) al momento non costano un euro al contribuente italiano, al di là dell'investimento che a suo tempo venne fatto per realizzarli.

Il motivo è che l'ente che gestisce l'eredità post olimpica, dopo alcuni anni di progetti e tentativi andati a vuoto, ha scelto di diventare un soggetto misto pubblico/privato e di lasciare la gestione quotidiana a un gigante del settore dei concerti e degli eventi dal vivo, Live Nation, che organizza concerti nei palazzetti dello sport di Torino, il Pala Alpitour ex Isozaki e il Palavela, e che con l'operatività di queste strutture più "gestibili" copre anche i costi del mantenimento in stato di "inutilizzo" dell'impianto di salto di Pragelato e di quello di Bob di Cesana.

"Mi ricordo bene – racconta Francesco Avato, che non prende un euro per la sua carica di presidente ed è amministratore del comune di Bardonecchia da molti anni – il percorso decisionale che portò alla realizzazione degli impianti in quei luoghi e mi ricordo anche le perplessità dell'epoca per un impianto così costoso come quello del bob; ce n'era uno ad Albertville, sede delle Olimpiadi Invernali del 1992, che poteva essere usato, ma all'epoca le scelte di politica sportiva furono altre".

Un dettaglio dell'impianto di Bob inutilizzato
Un dettaglio dell'impianto di Bob inutilizzato

In un certo senso quello cui si sta assistendo in questi mesi, per quanto concerne le Olimpiadi Invernali di Milano Cortina 2026, è una specie di deja-vu; anche in questo caso il Coni, ad aprile 2022, rifletteva se realizzare le gare a Innsbruck, in Austria; ora invece l'idea è quella di riqualificare il vecchissimo impianto di bob del 1956 di Cortina d'Ampezzo per una spesa "superiore ai 100 milioni di euro" – spiega Francesco Avato – per uno sport che di fatto ha poche decine di atleti in tutta Europa e che, nonostante le promesse di realizzare spalti per migliaia di spettatori, è un tipo di spettacolo che è apprezzabile soltanto in televisione. Intanto a Cesana si allenano atleti europei nel più piccolo "pistino di spinta" di Cesana Pariol, che funziona come un grosso frigorifero ed è quindi più facile e sostenibile da tenere freddo.

L'impianto di Ski Jump di Pragelato
L'impianto di Ski Jump di Pragelato

"Noi abbiamo già offerto l'impianto di Bob di Cesana per le Olimpiadi Invernali di Milano Cortina 2026 – spiega il presidente Avato – e siamo convinti che con 10 milioni di euro si possa riattivare la struttura, invece che spenderne oltre 100 a Cortina. Non c'è neanche bisogno di far stare gli atleti qui, con il risparmio che si genererebbe si potrebbero comprare un paio di elicotteri e far fare avanti e indietro agli atleti risparmiando comunque moltissimo".

L'eredità dei giochi, a 16 anni di distanza, è controversa.
L'eredità dei giochi, a 16 anni di distanza, è controversa.

A rendere quasi impossibile il riutilizzo degli impianti di Torino 2006 per le Olimpiati di Milano Cortina 2026 è stato il modo in cui è maturata la candidatura. È una storia che risale al 2018, quando Sindaco di Torino era Chiara Appendino. All'epoca l'amministrazione di Torino provò la candidatura in solitaria; il governo e il Coni scelsero Milano Cortina e Torino finì così fuori dai giochi insieme ai suoi vecchi impianti.

Se il comitato organizzatore delle Olimpiadi Invernali di Milano Cortina 2026 proseguirà per la sua strada, per Francesco Avato l'unica soluzione alla bruttura di quegli impianti vuoti e inutilizzati, in mezzo a un territorio così bello e naturalistico, è ragionare con i comuni interessati per valutare le vie d'uscita onorevoli, e tra le opzioni in pista potrebbe esserci anche lo smantellamento definitivo degli impianti e il ritorno dei territori a prato verde.

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