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Morto per un ascesso dentario, otto medici rinviati a giudizio: “Non l’hanno curato in tempo”

Secondo l’accusa, gli specialisti operanti all’ospedale “Paolo Borsellino” di Marsala e all’Unità di Otorinolaringoiatria del Sant’Antonio Abate di Trapani non avrebbero diagnosticato in tempo e curato un ascesso dentario, sfociato in una letale infezione, che il 10 aprile 2017 provocò la morte di Massimiliano Pace.
A cura di Biagio Chiariello
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Un ascesso dentario, sfociato in una letale infezione, che il 10 aprile 2017 ha causato la morte di Massimiliano Pace, 48 anni, di Marsala. Il gup di Palermo Walter Turturici ha ora rinviato a giudizio otto medici che all'epoca dei fatti erano in servizio negli ospedali di Marsala e Trapani. Devono rispondere di "cooperazione" in omicidio colposo. Secondo l'accusa, non avrebbero diagnosticato in tempo e tempestivamente curato l'ascesso al paziente. Il decesso avvenne all'ospedale Civico di Palermo, dove l'uomo arrivò in condizioni ormai disperate.

I medici coinvolti

Ad essere processati, davanti il giudice monocratico del Tribunale di Palermo (prima udienza: 7 aprile 2021), saranno quattro medici dell'ospedale "Paolo Borsellino" di Marsala (tre operanti al Pronto soccorso, la quarta è otorinolaringoiatra), e altrettanti dell'Unità di Otorinolaringoiatria del Sant'Antonio Abate di Trapani. Un altro medico dell'ospedale trapanese è stato prosciolto su richiesta dello stesso pubblico ministero in quanto non in servizio nel periodo di degenza di Pace.

Le accuse

Parti offese nel procedimento penale sono Gianluca Pace, fratello minore di Massimiliano Pace, che aveva denunciato il fatto lo stesso giorno della morte del familiare, la madre Caterina Rita Pellegrino e la moglie Maddalena Marino. Secondo l'accusa, gli otto medici, quando Pace si recò in ospedale (il 24, il 26 e il 28 marzo 2017 a Marsala, e nella tarda serata del 28 marzo a Trapani), avrebbero causato il decesso del paziente "per colpa consistita in negligenza, imprudenza, imperizia". Sia a Marsala, che a Trapani, avrebbero "sottostimato" i dati clinici del paziente, le cui condizioni andavano sempre più peggiorando. E non avrebbero proceduto in tempo al drenaggio chirurgico dell'ascesso, né prescritto una cura con antibiotici.

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