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Monte Bianco, abita nella casa più vicina al ghiacciaio pericolante: “Viviamo come terremotati”

L’albergatore Ludovico Colombati e famiglia risiedono in una baita al margine esterno di Planpincieux, il ghiacciaio pericolante del Monte Bianco. “Potrei dire che viviamo come in trincea, ma siamo abituati: qui il cambiamento climatico lo vediamo tutti i giorni”.
A cura di Biagio Chiariello
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 Ludovico Colombati è un albergatore di Courmayeur che abita con la famiglia in una stupenda baita al margine estremo di Planpincieux, dove inizia il bosco. La sua casa è il punto più vicino da dove osservare la fronte del ghiacciaio pericolante sul Monte Bianco. Un paio di giorni fa Fabrizio Grillo della Fondazione Montagna sicura di Courmayeur in Valle d'Aosta ha lanciato l’allarme, a seguito degli ultimi due cedimenti (pari all’1% del blocco complessiva). La massa a rischio collasso è di circa 250mila metri cubi. Come evidenzia il Corriere della Sera, il terreno dove abita Colombati è quasi un campo di battaglia, tra abeti abbattuti dal vento, macigni precipitati dalla montagna e blocchi di ghiaccio che puntualmente gli finiscono in giardino. Anche se lui afferma di esserci abituato: “Ho sistemato delle sdraio nel giardino per i tecnici che vengono a fare i rilievi” dice. “Il ritiro dei ghiacciai ha liberato le masse di detriti sottostanti, e ciò è un grande fattore di instabilità: basta una pioggia più forte è viene giù tutto”, continua Colombati, che ammette di aver più paura dei nubifragi e delle valanghe, che non del cedimento del ghiacciaio. “Anche se tutti i 250 mila metri cubi cadessero insieme, si sbriciolerebbero contro la morena che c’è sotto. Una valanga scende a 100-200 chilometri orari di velocità, il ghiaccio rotto no”.

Ma nonostante tutto, lui resiste: “Ogni sera quando salgo qui ho l’impressione di concedermi qualche ora di vacanza. Di notte mi diverto a lasciare degli avanzi di cibo in giardino per vedere arrivare le volpi, ma anche tassi ed ermellini. Dove lo trovo un altro posto così?”, si chiede. “Potrei considerarmi uno che vive in trincea, un terremotato – ammette –  ma le mie figlie sono nate qui e hanno imparato ad amare la montagna. Ma chi conosce la montagna, la rispetta e la teme, sa qual è l’immensità della sua forza. Tutta la radura qui intorno è stata distrutta da una valanga nel 1952, che abbattè 13 mila piante. Da trent’anni questi fenomeni sono aumentati, piove e nevica di meno, ma con molta più intensità. Il cambiamento climatico quassù lo vediamo tutti i giorni”.

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