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Cambiamenti climatici

Mercalli: “L’aumento del livello del mare renderà anche molte città italiane inabitabili”

Il climatologo a Fanpage.it: “Stiamo condannando il pianeta a una vera rivoluzione geografica: intere città spariranno e sì, ci saranno esodi di proporzioni bibliche”.
Intervista a Luca Mercalli
Climatologo e presidente della Società Meteorologica Italiana.
A cura di Davide Falcioni
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Luca Mercalli
Luca Mercalli
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Nel giorni scorsi Antonio Guterres, segretario generale dell'ONU, ha lanciato l'ennesimo allarme sugli effetti dei cambiamenti climatici. Rivolgendosi ai membri dell'Assemblea Generale delle Nazioni Unite il diplomatico portoghese ha ribadito la necessità di ridurre drasticamente le emissioni di anidride carbonica perché lo scioglimento dei ghiacciai e l'innalzamento dei livelli di mari e oceani minacciano "un esodo di massa di intere popolazioni su scala biblica".

Guterres ha ricordato che la crisi climatica sta facendo aumentare il livello del mare al ritmo più veloce da 3mila anni anni a questa parte, e che ciò avrà gravissime conseguenze su quasi un miliardo di persone, da Londra a Los Angeles e da Bangkok a Buenos Aires. Alcune nazioni – ha detto – potrebbero cessare di esistere, annegate sotto le onde.

Un recente rapporto sullo stato della criosfera conferma un quadro drammatico: la combinazione tra lo scioglimento delle calotte polari, quello dei ghiacciai e del permafrost avrà – testualmente – "effetti rapidi, irreversibili e disastrosi sulla popolazione terrestre".

Ma qual è lo stato di mari e oceani? E quali città italiane diventeranno invivibili nei prossimi decenni? Fanpage.it ha interpellato il professor Luca Mercalli, climatologo e presidente della Società Meteorologica Italiana.

Il segretario generale dell’ONU ha lanciato l’ennesimo allarme parlando di esodo biblico a causa dell'aumento dei livelli di mari e oceani. Qual è la situazione?

Le parole di Guterres confermano cose che sappiamo già da anni. I dati di aumento del livello marino sono da tempo in crescita, e lo sono anche mentre parliamo: non si tratta quindi di un problema solo in prospettiva futura ma di una questione nella quale siamo già immersi. Attualmente i mari crescono di un valore medio mondiale intorno ai 4,5 millimetri all'anno e le stime sono di un ulteriore peggioramento della situazione.

Quali sono gli scenari che si prospettano per la fine del secolo, dal migliore al peggiore?

Secondo l'accordo di Parigi un aumento di 1,5/2 gradi ci condanna già a mezzo metro di mare in più entro il 2100, e si tratta della stima più favorevole, quella che si realizzerebbe nel caso si rispettassero tutti gli accordi intergovernativi. Ma noi questa cosa non la stiamo facendo. Se dovessimo arrivare all'ipotesi peggiore prospettata dall'Accordo di Parigi, cioè +4 gradi entro il 2100 (scenario "business as usual"), l'aumento dei livelli dei mari si attesterebbe in un metro e venti. Naturalmente dopo il 2100 questo processo non si arresterà: il meccanismo di dilatazione termica delle acque oceaniche e di fusione dei ghiacciai, soprattutto della Groenlandia, continuerà nei secoli successivi. I nostri pronipoti vedrebbero nell'ipotesi più favorevole un paio di metri di mare in più tra il 2200 e il 2300, con picchi superiori ai 10 metri negli scenari peggiori. Stiamo condannando il pianeta a una vera rivoluzione geografica: intere città spariranno e sì, ci saranno esodi di proporzioni bibliche.

L'Italia è una penisola. Come si trasformeranno le nostre città? E quali sono le aree maggiormente esposte?

L'Enea (Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l'energia e lo sviluppo economico sostenibile) ha pubblicato uno studio che mostra chiaramente qual è il rischio di sommersione dei territori italiani. Basta consultarlo. Trovo assurdo che nonostante abbiamo analisi chiarissime, eseguite da enti statali, tutto questo non faccia scaturire una riflessione politica seria, anche per accompagnare le persone a una sorta di "lutto" che inevitabilmente vivranno. In Italia avremo interi territori non più abitabili tra qualche decennio. A Venezia nel 2100 l'acqua alta raggiungerà i tre metri anziché gli attuali due, sommergendo il primo piano degli edifici. Ma gli effetti dell'aumento del livello marino si vedranno dalla Venezia Giulia in giù; penso a Jesolo, Lignano Sabbiadoro, Rovigo, tutto il Delta del Po, quindi le spiagge del Mare Adriatico, ma anche la zona di Latina. Per fortuna altre città marine, come Genova, correranno molti meno rischi.

L’organizzazione meteorologica mondiale ha dichiarato che l'estensione del ghiaccio marino è stata la più bassa mai registrata a gennaio. Cosa significa?

È l'ennesimo "acciacco" che un pianeta malato manifesta. Considerare il solo mese di gennaio non ha però molto senso: la riduzione del ghiaccio marino è un fenomeno che possiamo registrare tutti i mesi dell'anno da trent'anni a questa parte. Il problema del ghiaccio artico riguarda un particolare fenomeno chiamato feedback dell'albedo che amplifica il cambiamento climatico: il ghiaccio è bianco quindi riflette il sole d'estate; se lo togliamo c'è l'oceano, che invece è scuro. La sola differenza di colore cambia la quantità di energia assorbita dal pianeta e innesca un effetto domino. Sulla banchina ghiacciata il calore solare viene riflesso, sull'oceano blu scuro viene assorbito, e così via fino alla totale scomparsa del ghiaccio marino, prevista per la seconda metà di questo secolo. Dopo il 2050 i modelli climatici dicono che d'estate non ci sarà più ghiaccio di banchisa al Polo Nord.

Il Parlamento Europeo ha fissato una data di scadenza per la produzione delle auto a benzina e diesel. Dal 2035 non potranno più essere immatricolate in tutto il territorio coperto dall’Unione Europea. Questa direttiva è stata criticata da importanti esponenti del governo italiano. Lei cosa ne pensa?

Ai problemi climatici si continuano ad anteporre innumerevoli vincoli economici, tutti legittimi se ragioniamo solo della "bolla" della specie umana. Comprendo perfettamente che ci si preoccupi per la perdita di posti di lavoro e la difficile riconversione industriale, ma non facciamo mai i conti veri, non consideriamo mai le leggi fisiche che regolano il funzionamento del pianeta, rischiano di far collassare il sistema terrestre e di conseguenza ci impongono l'immediata e drastica riduzione dei gas climalteranti. Il problema è che abbiamo perso almeno 20 anni: i temi legati alla riconversione del parco automobilistico, da termico ad elettrico, sono emersi nei primi anni del 2000. All'epoca parlavo con dirigenti della Fiat, spiegavo loro la necessità di adottare motori elettrici, e mi sentivo ridere in faccia. Oggi quelle persone dovrebbero fare un serio mea culpa: se avessero preso sul serio gli allarmi che noi scienziati lanciavamo decenni fa, senza negare costantemente il cambiamento climatico, la transizione industriale sarebbe già iniziata da tempo, le grandi corporation avrebbero almeno una linea produttiva dedicata ai motori elettrici e non avremmo avuto nessuna difficoltà ad abbandonare i motori termici nel 2035. Ma indietro purtroppo non si torna.

Lei ha scritto un fumetto per bambini intitolato "Il tuo clima, istruzioni per l’uso". Quanto è alta la sensibilità ambientale nelle nuove generazioni?

Sono amareggiato: non c'è un solo ragazzo che abbia letto il mio fumetto che mi abbia scritto una riga di riscontro o commento. Zero. Che i giovani siano complessivamente più interessati al clima rispetto al passato è noto, ma lo sono ancora troppo poco. Un recente sondaggio della Fondazione Ambrosetti rivela che gli italiani sono – a parole – molto interessati al tema del cambiamento climatico, ma lo sono in misura maggiore nella fascia dei 50-60 anni.

Eppure centomila giovani sono scesi in piazza in passato con uno sciopero di Friday for Future…

Sono ancora troppo pochi. Purtroppo ancora solo una piccola e minoritaria parte dei ragazzi e delle ragazze si interessa davvero al problema del cambiamento climatico.

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