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Genova, sparò 6 colpi a un ventenne durante un tso: Pm chiede assoluzione per il poliziotto

Luca Pedemonte sparò sei colpi di pistola agli organi vitali a Jeferson Tomalà, 22enne che dopo essersi barricato in camera aveva aggredito un agente di polizia. Il giovane venne ucciso dal collega, nei confronti di cui il pm oggi ha chiesto l’assoluzione.
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A cura di Davide Falcioni
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Walter Cotugno – pubblico ministero della Procura di Genova – ha chiesto l'assoluzione per Luca Pedemonte, il poliziotto accusato di eccesso colposo di legittima difesa per aver sparato, uccidendolo, a Jeferson Tomalà, un ragazzo ecuadoriano di 22 anni. L'agente aprì il fuoco nel corso di un trattamento sanitario obbligatorio nel giugno dell'anno scorso a Genova. Il giudice per l'udienza preliminare ha rinviato al prossimo 26 settembre per le discussioni della difesa e delle parti civili. Fuori dal tribunale era stato organizzato un sit in da parte di un gruppo di amici e parenti della giovane vittima, che hanno chiesto "giustizia e verità". Il pm aveva già chiesto l'archiviazione ma il gip Franca Borzone aveva disposto l'imputazione coatta. Il difensore del poliziotto, l'avvocato Antonio Rubino, ha chiesto il rito abbreviato.

Il giudice nel rinvio a giudizio: "Pedemonte difese il collega, ma sparò male"

Secondo quanto ricostruito Jeferson Tomalà si era barricato in stanza con un coltello e i familiari avevano chiesto un intervento delle forze dell'ordine. Erano arrivati gli uomini delle Volanti di Cornigliano che inizialmente avevano tentato di trattare per poi decidere di fare irruzione in camera, spruzzando lo spray al peperoncino. Il 22enne aveva aggredito un altro agente, ferendolo, e il collega Luca Pedemonte aveva esploso sei colpi, uccidendo il ragazzo. Nel dispositivo di rinvio a giudizio il giudice Franca Borzone aveva spiegato che sì, il poliziotto era intervenuto in difesa di un collega, ma lo fece comunque "con imperizia" sparando troppi colpi, "per di più verso organi vitali". "Una pur minima professionalità – aveva dichiarato il giudice – avrebbe dovuto imporre l’esplosione di un solo colpo e non in direzione di parti vitali. Tutti i colpi – continua il magistrato – furono invece diretti in zone vitali e furono esplosi a distanza talmente ravvicinata da consentire, con l’impiego di dovuta diligenza e perizia, una mira pressoché esatta. Il comportamento denota il prevalere di una componente emotiva, quindi nell’imprudenza e imperizia dell’atto, connotazioni che mal si conciliano con l’uso professionale dell’arma, a causa di una marcata incongruità della reazione". Sulla vicenda era intervenuto anche l'allora Ministro degli Interni Matteo Salvini: "Non solo da ministro, ma da cittadino italiano e da papà sarò vicino in ogni modo possibile a questo poliziotto che ha fatto solo il suo dovere salvando la vita a un collega".

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