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“È solo un virus intestinale”, ma Cloe muore a 4 mesi e mezzo in ospedale: “Vogliamo la verità”

La vicenda della piccola Cloe Grano, morta a 4 mesi e mezzo dopo che all’ospedale di Cosenza, dove era stata portata per 4 volte in 48 ore, non avevano saputo diagnosticarle una invaginazione intestinale, peggiorata poi in necrosi e setticemia. Oggi un nuovo colpo di scena nella vicenda giudiziaria: “Andava operata ma nessun medico volle prendersi la responsabilità”.
A cura di Ida Artiaco
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Cloe Grano (Facebook).
Cloe Grano (Facebook).

Non c'è pace per la piccola Cloe Grano, bimba di 4 mesi e mezzo morta nel 2014 all'ospedale Santobono di Napoli, dove era arrivata da Cosenza, la città in cui viveva e dove era stata portata per 4 volte al pronto soccorso senza che nessuno dei medici lì presenti si accorgesse della gravità della sua condizione. Mentre continua la lotta della famiglia per far avere giustizia alla piccola, è arrivata oggi la notizia che è stata depositata la motivazione della sentenza che ha prosciolto uno dei medici dell'ospedale calabrese, accusato di falso per aver annotato nella cartella clinica della bimba l'avvenuta effettuazione di un esame ecografico di cui non è stata mai invece trovata traccia. Il giudice di Cosenza ha contestualmente anche disposto la trasmissione degli atti al pm affinché vagli la posizione di un altro medico che, secondo quanto emerso dal dibattimento, in realtà effettuò l'ecografia. Una vicenda oscura, che a 5 anni dalla tragedia non è ancora stata risolta.

La storia di Cloe Grano, dall'invaginazione alla morte cerebrale

Cloe è morta a 4 mesi e mezzo nel 2014. Come ha raccontato il papà Dino a Fanpage.it, la piccola era nata perfettamente sana finché un giorno non ha cominciato a vomitare, a piangere in maniera inconsolabile e ad avere uno stomaco gonfio. Come ricorda Dino, è stata portata per ben 4 volte all'ospedale di Cosenza in 48 ore, "ma nessuno sapeva dirci cosa avesse. Avevano dato per scontato che avesse un virus intestinale in atto, ma io sapevo che qualcosa in lei non andava". Dopo aver notato un repentino peggioramento delle sue condizioni di salute, il papà ha chiesto che Cloe fosse trasferita in un centro specializzato: "Mi sono arrabbiato, ho anche cominciato ad alzare la voce con i dottori, è persino arrivata la polizia". A quel punto la bambina è stata trasportata all'ospedale Santobono di Napoli: "Qui hanno subito capito che aveva una invaginazione, una condizione patologica che si verifica quando l'intestino si aggroviglia – ha spiegato ancora Dino -. Mi hanno detto che questa è una malattia frequente nei neonati, soprattutto dai 4 mesi all'anno di vita, e che è anche molto facile da diagnosticare. A Napoli hanno capito subito cosa avesse, solo con la palpazione delle mani. Ma l'intestino di mia figlia è andato in necrosi e da lì in setticemia, il che ha provocato la morte cerebrale di Cloe. Ora altri bambini sono vivi grazie a lei, perché abbiamo deciso di donarne gli organi". Da allora, Dino ha cominciato una lunga battaglia legale, i cui ultimi colpi di scena sono arrivati proprio nelle scorse ore.

La morte di Cloe e il giallo dell'ecografia

Proprio oggi, giovedì 12 settembre, è stata depositata la motivazione della sentenza che ha prosciolto uno dei medici dell'ospedale di Cosenza, accusato di falso per aver annotato nella cartella clinica della bimba l'avvenuta effettuazione di un esame ecografico di cui non è stata invece mai trovata traccia. Contestualmente, il giudice calabrese ha disposto la trasmissione degli atti al pm affinché vagli la posizione di un altro medico che, secondo quanto emerso dal dibattimento, in realtà effettuò l'ecografia. Il sanitario, ricordano gli avvocati Nicodemo Gentile e Antonio Cozza che assistono i genitori della piccola nei procedimenti aperti a Cosenza, "sentito in sede di indagini del procedimento principale, aveva sempre negato di aver effettuato l'esame strumentale sulla piccola Cloe, ma, stando alla sentenza, viene clamorosamente smentito sia dalla collega imputata in questo processo, sia da due infermiere che sono state sentite dinanzi al giudice". Negli atti si parla in particolare di una di queste ultime, secondo la quale il dottore in questione eseguì all'epoca dei fatti l'ecoaddome, ma che "non essendo l'immagine molto chiara, si decise di condurre la piccola al piano di sotto per eseguire la Tac". Poi, in tale sede il medico "avendo il radiologo scorto qualcosa che avrebbe astrattamente richiesto un possibile intervento chirurgico, invitava il collega a non annotare/refertare nulla, perché la piccola versava in condizioni cliniche estremamente critiche e pertanto nessuno voleva assumersi la responsabilità di intervenire su di lei". In altre parole, stando a questa testimonianza, l'ecografia fu effettuata e tenuta nascosta perché nessun medico voleva prendersi la responsabilità di operare la bimba.

"Vogliamo la verità sulla morte di Cloe"

Sulla vicenda sono intervenuti i legali della famiglia Grano. "È arrivata finalmente una decisione che, ci si auspica, costituirà il primo passo per arrivare alla verità sulla morte della piccola Cloe. Si sono acquisiti elementi fondamentali, di una gravità inaudita, che restituiscono non solo un quadro di malasanità, che apre a nuovi scenari ed a nuove condotte che impongono senz'altro rigorosi approfondimenti in ogni sede. È per questo che Dino Grano, che da anni sta combattendo la sua battaglia perché sia data giustizia a sua figlia, ha formalizzato esposti, anche in sede ministeriale, affinché siano chiarite definitivamente le responsabilità che hanno portato alla sua morte". Dal canto suo papà Dino, che ha anche aperto una pagina Facebook dedicata a Cloe, continua la battaglia anche con toni accesi: "Ho solo una ragione, quella di farvi andare in galera", ha scritto nelle scorse ore sui social network.

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