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Cagliari, allenatore di basket condannato per abusi su una 13enne si toglie la vita

Condannato solo poche settimane fa a cinque anni di reclusione per aver abusato di una ragazzina minore di tredici anni, un allenatore di basket di quaranta anni è stato trovato morto oggi nella sua abitazione. L’uomo, residente nel Medio Campidano, si sarebbe tolto la vita. Il cadavere è stato trovato dai genitori.
A cura di Susanna Picone
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Un uomo che alcune settimane fa era stato condannato per aver abusato di una ragazzina non ancora tredicenne si è tolto la vita. Si tratta di un allenatore di basket di quaranta anni, residente nel Medio Campidano. L’uomo, che aveva respinto le accuse contro di lui in tribunale, potrebbe non aver retto allo scandalo della condanna. Il corpo senza vita del quarantenne è stato trovato oggi nella sua abitazione dai genitori, gli stessi che hanno subito chiamato 118 e carabinieri. Per l’uomo, però, non c’era più nulla da fare e il medico intervenuto non ha potuto far altro che constatare il decesso.

L'uomo morto suicida era stato condannato a 5 anni di carcere – Il quarantenne era stato arrestato a dicembre dello scorso anno. A far scattare gli accertamenti dei carabinieri della sezione di polizia giudiziaria della Procura di Cagliari, coordinati dalla sostituta Maria Virginia Boi, una denuncia presentata dai familiari della minorenne nei primi mesi del 2018. Dopo aver scoperto di essere finito sotto indagine, l’allenatore tentò di avvicinare la ragazzina forse nel tentativo di convincerla a ritrattare. Lei però confermò tutte le accuse anche in sede di incidente probatorio. Il 7 giugno scorso il Gup Giuseppe Pintori, accogliendo la tesi della Procura, lo aveva condannato con rito abbreviato a cinque anni di reclusione. Davanti al Gup del tribunale di Cagliari l'imputato si era difeso sostenendo che i rapporti con una sua allieva minorenne, contestatigli dall'accusa, erano stati consenzienti. L’allenatore aveva anche detto di non sapere che quella ragazzina con cui aveva avuto rapporti avesse meno di tredici anni e aveva negato di aver usato la sua influenza di allenatore per spingerla tra le sue braccia. Giustificazioni che però non sono servite a evitargli la condanna. Sicuramente la condanna e tutta l'inchiesta lo avevano molto provato tanto che negli ultimi giorni l’uomo era diventato taciturno: usciva poco di casa e non parlava. Poi, oggi, la triste decisione di farla finita. Nessun biglietto sarebbe lasciato per spiegare il perché del suo gesto.

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