449 CONDIVISIONI
video suggerito
video suggerito

Bambola con proiettile in testa e impiccata alla porta: la macabra intimidazione dei mafiosi

L’episodio ricostruito dai carabinieri e caratterizzato dal ricorso ad una metodologia particolarmente inquietante per minacciare un imprenditorie che si è era rifiutato di sottostare ai dettami della famiglia mafiosa di Rocca Mezzomonreale, appartenente al mandamento palermitano di Pagliarelli.
A cura di Antonio Palma
449 CONDIVISIONI
Immagine

Imprenditori e "uomini d’onore riservati” che sfuggono alle normali logiche criminali per fare soldi ma il volto della mafia è e continua a essere rappresentato da violenza e soprusi come ordini per uccidere un architetto solo per un pratica sbagliata o una bambola con un proiettile conficcato nella testa e "impiccata" alla porta come intimidazione.

È quanto emerge dalle carte dell'inchiesta della Direzione Distrettuale Antimafia di Palermo che ieri ha portato a smantellare i vertici della famiglia mafiosa di Rocca Mezzomonreale, appartenente al mandamento palermitano di Pagliarelli. Come emerso dalle indagini dei carabinieri, infatti, il clan continuava ad esercitare un asfissiante controllo del territorio e a fare cassa imponendo il pizzo con violenza e minacce ai danni di imprenditori della zona a cui spesso veniva anche imposto di rivolgersi a ditte riconducibili ad appartenenti allo stesso gruppo mafioso.

Particolare impressione desta l'episodio ricostruito dai carabinieri e caratterizzato dal ricorso ad una metodologia particolarmente inquietante per minacciare un imprenditorie che si è era rifiutato di sottostare ai dettami della famiglia mafiosa. Per obbligare la vittima ad affidare l'appalto della ristrutturazione di un immobile all'impresa indicata dalla famiglia mafiosa, venne utilizzata una bambola con un proiettile conficcato nella testa e impiccata alla porta dell'abitazione dell'imprenditore.

Come ricostruito attraverso le intercettazioni telefoniche durante un summit tra i vertici del gruppo mafioso, i boss inoltre preparavano l'omicidio di un architetto accusato di aver sbagliato una pratica che poi aveva portato alla demolizione di una delle case di uno di loro. "Lo ammazzo con le mie mani, è un indegno e ha imbrogliato una persona seria e onesta come me" diceva uno degli arrestati cercando il consenso per l'omicidio che poi sarebbe arrivato.

Proprio l'arresto, secondo gli inquirenti, ha permesso di scongiurare l’attuazione del delitto, una vera e propria sentenza di morte emessa durante la riunione di mafia a suggello della ritrovata armonia tra i membri della famiglia mafiosa e confermata poi nel corso delle successive conversazioni intercettate dai carabinieri.

449 CONDIVISIONI
autopromo immagine
Più che un giornale
Il media che racconta il tempo in cui viviamo con occhi moderni
api url views